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Un nuovo studio indica il diabete e l'ictus come fattori di rischio per la demenza

25 ottobre 2024

Non solo i cambiamenti proteici sono associati a un rischio maggiore di sviluppare demenza, ma anche problemi di metabolismo, come diabete e cirrosi, e problemi circolatori, come un ictus. Uno studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Neurology presenta un nuovo indice di lettura del rischio di sviluppare demenza, questa volta legato all'età, e collegando il rischio alla presenza di queste malattie. Sviluppato dai ricercatori dell'Università di Galway in Irlanda, lo studio si è concentrato su 7.285 soggetti di età compresa tra 55 e 80 anni. La ricerca ha rivelato che:

- A partire dai 55 anni, il rischio di sviluppare demenza aumenta nei successivi 10 anni se la persona è diabetica o ha avuto un ictus. Più precisamente, il rischio quadruplica rispetto a una persona che non ha il diabete. Se la persona è in cura per l'ipertensione, il rischio diminuisce, poiché a questa età, per ogni 10 punti di pressione arteriosa in più il rischio di sviluppare demenza aumenta del 12%.

- Nelle persone over 65 che hanno problemi di circolazione, rispetto a chi non ne ha, il rischio quasi raddoppia. Qui si tratta, in particolare, di alterazioni cardiovascolari e di infarti, ma non di ictus.

- Il rischio aumenta nelle persone con età superiore ai 70 anni se ictus e diabete sono presenti insieme.

- Nelle persone con più di 80 anni, la combinazione di ictus e diabete aumenta il rischio di sviluppare demenza dal 40 al 60%.

La maggior parte dei fattori di rischio, quindi, è legata ai cambiamenti circolatori. Soprattutto dopo i 70 anni, vale la pena soffermarsi sulla demenza vascolare, dove questi fattori sono determinanti. Essa consegue a emorragie o ischemie ed è caratterizzata da un esordio brusco, seguito da un decorso altalenante e da un progressivo peggioramento, cioè si può avere un miglioramento tra un episodio vascolare e l'altro, ma poi si verifica un peggioramento con il successivo problema circolatorio.

“La demenza è una malattia molto complessa e i punteggi di previsione del rischio per età che abbiamo elaborato devono essere sempre adattati al singolo soggetto. Vanno considerati come un approccio valido per tutti, ma non per il singolo sul quale saprà il medico curante come meglio applicarli”, conclude lo studio irlandese. 

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