Costume e Società

Rsa: l’emergenza sanitaria e la carenza di personale infermieristico nelle strutture assistenziali

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10 Marzo 2022

L’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del Corona virus ha purtroppo evidenziato alcune inefficienze e lacune del sistema sanitario italiano: le severe restrizioni attuate per limitare gli effetti della pandemia hanno profondamente danneggiato non solo l’efficacia dei servizi, ma anche la qualità delle prestazioni assistenziali all’interno delle varie Residenze per anziani. Grazie alla scoperta del vaccino e alla sua successiva somministrazione alla cittadinanza, la curva dei contagi ha subito un’importante battuta d’arresto, che ha reso le Rsa, dopo un primo momento di difficoltà, luoghi sicuri e idonei al supporto dei malati: sebbene l’incubo pandemico si stia lentamente attenuando, risulta però fondamentale delineare cosa accadrà dopo la fine dello stato di emergenza, fissato al 31 marzo 2022. Osservando complessivamente l’attuale situazione sanitaria, è stato inoltre riscontrato un altro considerevole elemento di criticità, ovvero la carenza di personale infermieristico nelle strutture per anziani (20% di addetti in meno rispetto a quanto necessario).

A tal proposito, Patrizia Scalabrin, Presidente di “Uneba Veneto” e della “Fondazione Santi Antonio e Michele di Fonzaso” in provincia di Belluno, ha descritto il contesto di difficoltà alla comunità, sottolineando la necessità di nuovi interventi istituzionali e politici, oltre che di un incremento di risorse: “i ventiquattro terribili mesi della pandemia hanno fatto esplodere in modo violento ed immediato le criticità del sistema che già esistevano prima. La presa in carico degli ospiti è più rivolta ora alla cura e alla sanitarizzazione, le persone che accogliamo sono affette da patologie e cronicità e ciò implica una maggiore specializzazione da parte degli operatori, ma anche una rivisitazione delle funzioni delle strutture per gli anziani e, più in generale, una revisione dell’intero ordinamento che regola la Sanità nel nostro Paese, un Sistema Sanitario Nazionale vecchio ormai di 30 anni”. Le Residenze della zona, che risultano essere oggi parzialmente chiuse al pubblico esterno, necessitano di più moderne soluzioni operative: come afferma Fulvio Sanvito, Direttore della Cooperativa “La Meridiana” di Monza, “il PNRR prevede uno stanziamento di circa 400 milioni di euro. È una cifra decisamente insufficiente rispetto ai bisogni di perfezionamento di questo servizio, poi c’è la sfida della complessità e quella della burocrazia. È necessario uno snellimento delle procedure e far sì che medici e operatori sanitari svolgano compiti sempre più inerenti alla cura: le Rsa rappresentano un patrimonio da custodire, difendere e migliorare, perché smantellare il servizio o indebolirlo è pura demagogia”. 

Franco Massi, Presidente nazionale “Uneba”, ha inoltre posto l’attenzione sulle odierne prospettive economiche del paese, che non sono affatto rosee per via dell’aumento dei costi dell’energia e delle minori entrate provocate dal blocco dei nuovi ingressi. Sebbene il Covid abbia nel tempo incoraggiato la nascita di nuove opportunità assistenziali a domicilio, il ruolo esercitato dalle Rsa sembra non essere stato in alcun modo scalfito; ad oggi, l’emergenza più grave all’interno delle strutture resta però quella della carenza di personale. Fabrizio Giunco, Direttore del dipartimento cronicità della Fondazione don Gnocchi, sostiene infatti che “servono più medici, infermieri, operatori sociosanitari, e servono più risorse finanziarie altrimenti il sistema non si reggerà più, anche perché con l’invecchiamento della popolazione aumentano i bisogni di assistenza, su tutti i fronti, Rsa, Centri diurni, Servizi socio-sanitari sul territorio”. Per far fronte alla mancanza di personale nelle strutture, “Uneba” insieme ad altre Associazioni di settore, all’Ufficio pastorale della Salute della Cei e in collaborazione con i ministeri competenti, ha incoraggiato il trasferimento di infermieri provenienti dai Paesi extracomunitari in Italia, accelerandone l’ingresso con i permessi di soggiorno, con percorsi di formazione e di aggiornamento, e assicurandone l’assunzione per almeno tre anni. 

Nonostante la crisi del settore sanitario, l’Istituto superiore di sanità guarda con ottimismo e fiducia al futuro: anche se l’impennata dei contagi ha avuto un riflesso nelle oltre quattro mila strutture residenziali per anziani presenti nel territorio nazionale, il tasso di decessi e di ricoveri è rimasto a livelli molto bassi, grazie all’ampia copertura vaccinale. La situazione sembra essere oggi sotto controllo per via delle misure anti-contagio adottate da molti istituti di ricovero, dove gli unici incontri ammessi rimangono quelli nelle stanze degli abbracci, quelli dietro ad un vetro o una barriera di plexiglas, o su appuntamento programmato. Fabrizio Giunco, sulla base di evidenti dati scientifici, ha in ogni modo incoraggiato una riapertura generale in tempi brevi: “con il 100% di vaccinati a ciclo completo tra ospiti e personale delle 6 strutture presenti in Lombardia per un totale di 1.600 posti letto, stiamo pensando a una riapertura vera in tempi ragionevoli, per tornare, speriamo a fine primavera, in accordo con i familiari degli ospiti e seguendo le disposizioni di Regione e Ats, a qualcosa che assomigli il più possibile a quello che era prima della pandemia”. 


L’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del Corona virus ha purtroppo evidenziato alcune inefficienze e lacune del sistema sanitario italiano: le severe restrizioni attuate per limitare gli effetti della pandemia hanno profondamente danneggiato non solo l’efficacia dei servizi, ma anche la qualità delle prestazioni assistenziali all’interno delle varie Residenze per anziani. Grazie alla scoperta del vaccino e alla sua successiva somministrazione alla cittadinanza, la curva dei contagi ha subito un’importante battuta d’arresto, che ha reso le Rsa, dopo un primo momento di difficoltà, luoghi sicuri e idonei al supporto dei malati: sebbene l’incubo pandemico si stia lentamente attenuando, risulta però fondamentale delineare cosa accadrà dopo la fine dello stato di emergenza, fissato al 31 marzo 2022. Osservando complessivamente l’attuale situazione sanitaria, è stato inoltre riscontrato un altro considerevole elemento di criticità, ovvero la carenza di personale infermieristico nelle strutture per anziani (20% di addetti in meno rispetto a quanto necessario).

A tal proposito, Patrizia Scalabrin, Presidente di “Uneba Veneto” e della “Fondazione Santi Antonio e Michele di Fonzaso” in provincia di Belluno, ha descritto il contesto di difficoltà alla comunità, sottolineando la necessità di nuovi interventi istituzionali e politici, oltre che di un incremento di risorse: “i ventiquattro terribili mesi della pandemia hanno fatto esplodere in modo violento ed immediato le criticità del sistema che già esistevano prima. La presa in carico degli ospiti è più rivolta ora alla cura e alla sanitarizzazione, le persone che accogliamo sono affette da patologie e cronicità e ciò implica una maggiore specializzazione da parte degli operatori, ma anche una rivisitazione delle funzioni delle strutture per gli anziani e, più in generale, una revisione dell’intero ordinamento che regola la Sanità nel nostro Paese, un Sistema Sanitario Nazionale vecchio ormai di 30 anni”. Le Residenze della zona, che risultano essere oggi parzialmente chiuse al pubblico esterno, necessitano di più moderne soluzioni operative: come afferma Fulvio Sanvito, Direttore della Cooperativa “La Meridiana” di Monza, “il PNRR prevede uno stanziamento di circa 400 milioni di euro. È una cifra decisamente insufficiente rispetto ai bisogni di perfezionamento di questo servizio, poi c’è la sfida della complessità e quella della burocrazia. È necessario uno snellimento delle procedure e far sì che medici e operatori sanitari svolgano compiti sempre più inerenti alla cura: le Rsa rappresentano un patrimonio da custodire, difendere e migliorare, perché smantellare il servizio o indebolirlo è pura demagogia”. 

Franco Massi, Presidente nazionale “Uneba”, ha inoltre posto l’attenzione sulle odierne prospettive economiche del paese, che non sono affatto rosee per via dell’aumento dei costi dell’energia e delle minori entrate provocate dal blocco dei nuovi ingressi. Sebbene il Covid abbia nel tempo incoraggiato la nascita di nuove opportunità assistenziali a domicilio, il ruolo esercitato dalle Rsa sembra non essere stato in alcun modo scalfito; ad oggi, l’emergenza più grave all’interno delle strutture resta però quella della carenza di personale. Fabrizio Giunco, Direttore del dipartimento cronicità della Fondazione don Gnocchi, sostiene infatti che “servono più medici, infermieri, operatori sociosanitari, e servono più risorse finanziarie altrimenti il sistema non si reggerà più, anche perché con l’invecchiamento della popolazione aumentano i bisogni di assistenza, su tutti i fronti, Rsa, Centri diurni, Servizi socio-sanitari sul territorio”. Per far fronte alla mancanza di personale nelle strutture, “Uneba” insieme ad altre Associazioni di settore, all’Ufficio pastorale della Salute della Cei e in collaborazione con i ministeri competenti, ha incoraggiato il trasferimento di infermieri provenienti dai Paesi extracomunitari in Italia, accelerandone l’ingresso con i permessi di soggiorno, con percorsi di formazione e di aggiornamento, e assicurandone l’assunzione per almeno tre anni. 

Nonostante la crisi del settore sanitario, l’Istituto superiore di sanità guarda con ottimismo e fiducia al futuro: anche se l’impennata dei contagi ha avuto un riflesso nelle oltre quattro mila strutture residenziali per anziani presenti nel territorio nazionale, il tasso di decessi e di ricoveri è rimasto a livelli molto bassi, grazie all’ampia copertura vaccinale. La situazione sembra essere oggi sotto controllo per via delle misure anti-contagio adottate da molti istituti di ricovero, dove gli unici incontri ammessi rimangono quelli nelle stanze degli abbracci, quelli dietro ad un vetro o una barriera di plexiglas, o su appuntamento programmato. Fabrizio Giunco, sulla base di evidenti dati scientifici, ha in ogni modo incoraggiato una riapertura generale in tempi brevi: “con il 100% di vaccinati a ciclo completo tra ospiti e personale delle 6 strutture presenti in Lombardia per un totale di 1.600 posti letto, stiamo pensando a una riapertura vera in tempi ragionevoli, per tornare, speriamo a fine primavera, in accordo con i familiari degli ospiti e seguendo le disposizioni di Regione e Ats, a qualcosa che assomigli il più possibile a quello che era prima della pandemia”. 

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