






Meno ricoveri ospedalieri per i malati di Parkinson che vivono a contatto con la natura


In occasione della Giornata Mondiale del Parkinson che si è celebrata lo scorso 11 aprile, la Società Italiana di Neurologia ha comunicato i risultati di uno studio USA da poco pubblicato su Jama che indica come l’interazione con gli ambienti naturali come selve, parchi, alberi lungo le strade e fiumi, possa abbassare il rischio di ospedalizzazione per malattia di Parkinson. Tra gennaio 2000 e dicembre 2016 sono stati valutati oltre 122 mila soggetti con età compresa all’avvio dello studio tra 65 e 74 anni coperti dal sistema di assistenza sanitaria americano Medicare (87,6%), metà dei quali con diagnosi di Parkinson.
I ricoveri sono stati messi a confronto con gli indici di vegetazione viva e di acqua (indice Ndvi) della zona di residenza dei pazienti che un apposito algoritmo (R Project for Statistical Computing) ha corretto in relazione alle diverse stagioni dell’anno. L’indice Ndvi (Normalized Difference Vegetation Index che calcola la percentuale di parco e spazio blu in relazione alla densità di popolazione ≥1000 persone/miglio quadrato) ha rivelato una riduzione di ricoveri ospedalieri per i pazienti con malattia di Parkinson, segnalando che alcuni ambienti naturali sono associati a una caduta del rischio di ospedalizzazione per tale malattia.
“Finora esistevano dati contrastanti sull’efficacia dell’esposizione ai cosiddetti spazi verdi nel proteggere da diverse condizioni neurologiche mentre da numerosi recenti studi è emerso che questi ambienti esercitano una vera e propria azione terapeutica. Una ragione in più per sensibilizzare i responsabili politici a prendere in seria considerazione interventi di protezione degli habitat naturali”, ha commentato Alfredo Berardelli, Presidente della Società Italiana di Neurologia.
La Malattia di Parkinson è una condizione neurologica che oggi colpisce 5 milioni di persone nel mondo, di cui circa 400.000 solo in Italia. Si calcola che questo numero sia destinato a salire nel nostro Paese e che nei prossimi 15 anni saranno 6.000 i nuovi casi ogni anno, di cui la metà colpiti in età lavorativa.
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