Costume e Società

Il crescente bisogno di sostegno dei caregiver familiari in Lombardia

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4 Maggio 2023

Il 17 aprile scorso, a Milano, è stato presentato il primo Rapporto dell'Osservatorio Vulnerabilità e Resilienza, OVeR, sulle condizioni dei caregiver in Lombardia, frutto della collaborazione tra le Acli Lombarde e l'Istituto per la Ricerca Sociale, in collaborazione con ARS. Il Rapporto è suddiviso in due parti: la prima è fissa e verrà aggiornata annualmente, mentre la seconda contiene un'analisi approfondita su un tema diverso ogni anno. 

Nella seconda parte del Rapporto dell'Osservatorio OVeR, vengono presentati i risultati della più grande ricerca mai condotta sui caregiver lombardi, rivolta agli utenti dei Patronati Acli delle province lombarde che hanno richiesto prestazioni di invalidità civile, in particolare l'indennità di accompagnamento, con particolare attenzione alle prestazioni richieste per gli anziani ultra 65enni. L'analisi è stata effettuata tramite un questionario online, inviato via email, al quale hanno risposto quasi duemila soggetti, su un universo stimato di quasi 400mila persone.

Alcune delle disuguaglianze emerse nella prima parte del rapporto si ripercuotono anche sull'indagine condotta sui caregiver, a partire dalle disuguaglianze di genere: il caregiver è donna in sette casi su dieci, il che conferma l'evidente predominio femminile nel mondo della cura, con una netta disparità di carichi di lavoro tra i sessi. Inoltre, nella maggior parte dei casi (75%), l'assistenza all'anziano è fornita dai figli, mentre l'11% è curata dal coniuge o dal partner; solo il 14% è fornita da altre figure familiari (nuore o generi, nipoti o fratelli/sorelle) o da persone esterne alla famiglia. Per quanto riguarda la situazione lavorativa dei caregiver, il 56% del campione è occupato (con tre lavoratori su quattro che lavorano a tempo pieno) e il 31% è in pensione.

Confrontando i dati con le indagini precedenti, si nota una stabilizzazione dell'età media dei caregiver familiari intorno ai 60 anni. Questa età, relativamente avanzata, suggerisce che non si assiste più solo alla dinamica del caregiver che si prende cura sia dei genitori anziani che dei figli adulti, la cosiddetta generazione sandwich, ma sempre più spesso si tratta di caregiver che si occupano contemporaneamente dei genitori, dei figli e dei nipoti. In altre parole, ci sono i caregiver nonni, che spesso si trovano a dover fronteggiare il carico di tre generazioni.

Nella maggior parte dei casi (65%), i caregiver condividono il carico di cura con altri familiari, il che rappresenta un dato nettamente inferiore rispetto alle ricerche precedenti condotte in Lombardia sullo stesso tema, dove la condivisione raggiungeva in media l'88%. Questo potrebbe essere un primo segnale di come le famiglie si stiano riducendo o "verticalizzando", con una rete di aiuti che si restringe sempre di più, a causa dei profondi cambiamenti demografici nella struttura familiare che stiamo vivendo. Certamente, questa dinamica acuisce gli elementi di vulnerabilità dei caregiver.

Emerge con chiarezza come per i figli che si prendono cura dei propri genitori anziani si ponga un problema di conciliazione tra il tempo dedicato alla cura e la vita lavorativa. Tra i caregiver occupati, quattro su dieci hanno subito contraccolpi lavorativi, soprattutto in termini di riduzione dell'orario di lavoro (nel 26,5% dei casi), o addirittura di dover abbandonare l'occupazione (8%) per far fronte alle necessità legate all'attività di assistenza. Sono i caregiver tra i 30 e i 39 anni ad aver registrato gli impatti lavorativi più pesanti: tra questi infatti, la percentuale di coloro che hanno dovuto diminuire il proprio orario di lavoro è addirittura del 48%, praticamente uno su due. 

Il lavoro di cura ha poi un impatto ancora più forte sulla vita privata. Più della metà degli intervistati (56%) dichiara di aver sacrificato il proprio tempo libero, quasi uno su tre (30%) il tempo invece dedicato ad altri familiari. Non si registrano in questo caso forti differenze legate all'età, né divari significativi a seconda del numero di anni passati ad accudire una persona anziana. L'attività di cura richiede un sacrificio a tutti e una rinuncia pressoché immediata al proprio tempo libero.

La stragrande maggioranza dei caregiver si sente poco o per nulla sostenuta nel lavoro di cura, anche quando tale lavoro viene condiviso con altri familiari o con un assistente familiare. La badante è presente in quattro casi su dieci, talvolta attraverso forme di convivenza tra assistente familiare e assistito (17% dei casi). Rispetto al passato, però, i tassi di convivenza sono nettamente diminuiti.

I servizi utilizzati dagli anziani sono principalmente privati, in linea con l'aumento dei costi privati evidenziato nella prima parte del rapporto. Più della metà degli anziani assistiti (52%) utilizza servizi a pagamento, tra cui badanti ma anche prestazioni sanitarie e sociosanitarie, trasporti, attività riabilitative e così via. Tuttavia, l'uso di servizi a pagamento sembra essere una scelta obbligata piuttosto che una scelta libera. 

Quattro caregiver su cinque che utilizzano questi servizi preferirebbero infatti ricevere aiuti gratuiti nell'assistenza. Inoltre, emerge un nuovo dato: il crescente interesse dei caregiver per i servizi che utilizzano raramente. In ricerche lombarde precedenti al 2020, ovvero prima della pandemia da Covid, si era riscontrato un ampio disinteresse per i servizi residenziali e semiresidenziali, ma anche per i servizi a domicilio. Oggi, tuttavia, la maggioranza degli intervistati è interessata ad un aiuto nelle attività quotidiane di assistenza. Inoltre, si conferma un trend già rilevato durante i primi mesi della pandemia: la crescita dell'interesse per i servizi "in natura", come alternativa ai contributi monetari.

Quasi il 46% dei caregiver vorrebbe ricevere un sostegno nella gestione della propria casa, per alleviare la pressione del lavoro di assistenza sulla famiglia. Tra i caregiver più giovani, questa percentuale aumenta al 55% ed è comunque più alta per coloro che sono in età lavorativa rispetto ai pensionati. L'interesse per il supporto psicologico, che un tempo veniva richiesto molto raramente, sta crescendo ed è ora richiesto da circa un caregiver su tre. Tuttavia, sono soprattutto le donne (nel 39% dei casi) e ancora una volta i più giovani (nel 45% dei casi) a dimostrare maggiore interesse per questo tipo di supporto.

I nuovi e giovani caregiver esprimono un forte desiderio di potenziamento del servizio pubblico rispetto ai caregiver di un tempo. Stiamo vivendo un nuovo paradigma culturale, con un'aspettativa di maggiore supporto da parte delle istituzioni pubbliche rispetto al passato, soprattutto prima della pandemia. Tra i caregiver stessi, sta emergendo la consapevolezza che il loro impegno da solo non sarà più sufficiente.

Il prossimo futuro vedrà sempre più famiglie di dimensioni ridotte, anziani con redditi da pensione via via decrescenti e un numero crescente di anziani che vivono da soli. In una Regione in cui il numero di persone ultra 65enni aumenta di oltre 60.000 all'anno, c'è bisogno di potenziare e ripensare le risposte per un welfare che diventi "vicino" alle famiglie nella pratica, attraverso una migliore informazione sulle loro opzioni e sui supporti disponibili sul territorio. La legge regionale sui caregiver familiari, approvata all'unanimità dal Consiglio Regionale della Lombardia il 22 novembre scorso, rappresenta un segnale di possibile cambiamento in questa direzione. Tuttavia, la sua attuazione deve ancora essere implementata dal neo-eletto Consiglio regionale.


Il 17 aprile scorso, a Milano, è stato presentato il primo Rapporto dell'Osservatorio Vulnerabilità e Resilienza, OVeR, sulle condizioni dei caregiver in Lombardia, frutto della collaborazione tra le Acli Lombarde e l'Istituto per la Ricerca Sociale, in collaborazione con ARS. Il Rapporto è suddiviso in due parti: la prima è fissa e verrà aggiornata annualmente, mentre la seconda contiene un'analisi approfondita su un tema diverso ogni anno. 

Nella seconda parte del Rapporto dell'Osservatorio OVeR, vengono presentati i risultati della più grande ricerca mai condotta sui caregiver lombardi, rivolta agli utenti dei Patronati Acli delle province lombarde che hanno richiesto prestazioni di invalidità civile, in particolare l'indennità di accompagnamento, con particolare attenzione alle prestazioni richieste per gli anziani ultra 65enni. L'analisi è stata effettuata tramite un questionario online, inviato via email, al quale hanno risposto quasi duemila soggetti, su un universo stimato di quasi 400mila persone.

Alcune delle disuguaglianze emerse nella prima parte del rapporto si ripercuotono anche sull'indagine condotta sui caregiver, a partire dalle disuguaglianze di genere: il caregiver è donna in sette casi su dieci, il che conferma l'evidente predominio femminile nel mondo della cura, con una netta disparità di carichi di lavoro tra i sessi. Inoltre, nella maggior parte dei casi (75%), l'assistenza all'anziano è fornita dai figli, mentre l'11% è curata dal coniuge o dal partner; solo il 14% è fornita da altre figure familiari (nuore o generi, nipoti o fratelli/sorelle) o da persone esterne alla famiglia. Per quanto riguarda la situazione lavorativa dei caregiver, il 56% del campione è occupato (con tre lavoratori su quattro che lavorano a tempo pieno) e il 31% è in pensione.

Confrontando i dati con le indagini precedenti, si nota una stabilizzazione dell'età media dei caregiver familiari intorno ai 60 anni. Questa età, relativamente avanzata, suggerisce che non si assiste più solo alla dinamica del caregiver che si prende cura sia dei genitori anziani che dei figli adulti, la cosiddetta generazione sandwich, ma sempre più spesso si tratta di caregiver che si occupano contemporaneamente dei genitori, dei figli e dei nipoti. In altre parole, ci sono i caregiver nonni, che spesso si trovano a dover fronteggiare il carico di tre generazioni.

Nella maggior parte dei casi (65%), i caregiver condividono il carico di cura con altri familiari, il che rappresenta un dato nettamente inferiore rispetto alle ricerche precedenti condotte in Lombardia sullo stesso tema, dove la condivisione raggiungeva in media l'88%. Questo potrebbe essere un primo segnale di come le famiglie si stiano riducendo o "verticalizzando", con una rete di aiuti che si restringe sempre di più, a causa dei profondi cambiamenti demografici nella struttura familiare che stiamo vivendo. Certamente, questa dinamica acuisce gli elementi di vulnerabilità dei caregiver.

Emerge con chiarezza come per i figli che si prendono cura dei propri genitori anziani si ponga un problema di conciliazione tra il tempo dedicato alla cura e la vita lavorativa. Tra i caregiver occupati, quattro su dieci hanno subito contraccolpi lavorativi, soprattutto in termini di riduzione dell'orario di lavoro (nel 26,5% dei casi), o addirittura di dover abbandonare l'occupazione (8%) per far fronte alle necessità legate all'attività di assistenza. Sono i caregiver tra i 30 e i 39 anni ad aver registrato gli impatti lavorativi più pesanti: tra questi infatti, la percentuale di coloro che hanno dovuto diminuire il proprio orario di lavoro è addirittura del 48%, praticamente uno su due. 

Il lavoro di cura ha poi un impatto ancora più forte sulla vita privata. Più della metà degli intervistati (56%) dichiara di aver sacrificato il proprio tempo libero, quasi uno su tre (30%) il tempo invece dedicato ad altri familiari. Non si registrano in questo caso forti differenze legate all'età, né divari significativi a seconda del numero di anni passati ad accudire una persona anziana. L'attività di cura richiede un sacrificio a tutti e una rinuncia pressoché immediata al proprio tempo libero.

La stragrande maggioranza dei caregiver si sente poco o per nulla sostenuta nel lavoro di cura, anche quando tale lavoro viene condiviso con altri familiari o con un assistente familiare. La badante è presente in quattro casi su dieci, talvolta attraverso forme di convivenza tra assistente familiare e assistito (17% dei casi). Rispetto al passato, però, i tassi di convivenza sono nettamente diminuiti.

I servizi utilizzati dagli anziani sono principalmente privati, in linea con l'aumento dei costi privati evidenziato nella prima parte del rapporto. Più della metà degli anziani assistiti (52%) utilizza servizi a pagamento, tra cui badanti ma anche prestazioni sanitarie e sociosanitarie, trasporti, attività riabilitative e così via. Tuttavia, l'uso di servizi a pagamento sembra essere una scelta obbligata piuttosto che una scelta libera. 

Quattro caregiver su cinque che utilizzano questi servizi preferirebbero infatti ricevere aiuti gratuiti nell'assistenza. Inoltre, emerge un nuovo dato: il crescente interesse dei caregiver per i servizi che utilizzano raramente. In ricerche lombarde precedenti al 2020, ovvero prima della pandemia da Covid, si era riscontrato un ampio disinteresse per i servizi residenziali e semiresidenziali, ma anche per i servizi a domicilio. Oggi, tuttavia, la maggioranza degli intervistati è interessata ad un aiuto nelle attività quotidiane di assistenza. Inoltre, si conferma un trend già rilevato durante i primi mesi della pandemia: la crescita dell'interesse per i servizi "in natura", come alternativa ai contributi monetari.

Quasi il 46% dei caregiver vorrebbe ricevere un sostegno nella gestione della propria casa, per alleviare la pressione del lavoro di assistenza sulla famiglia. Tra i caregiver più giovani, questa percentuale aumenta al 55% ed è comunque più alta per coloro che sono in età lavorativa rispetto ai pensionati. L'interesse per il supporto psicologico, che un tempo veniva richiesto molto raramente, sta crescendo ed è ora richiesto da circa un caregiver su tre. Tuttavia, sono soprattutto le donne (nel 39% dei casi) e ancora una volta i più giovani (nel 45% dei casi) a dimostrare maggiore interesse per questo tipo di supporto.

I nuovi e giovani caregiver esprimono un forte desiderio di potenziamento del servizio pubblico rispetto ai caregiver di un tempo. Stiamo vivendo un nuovo paradigma culturale, con un'aspettativa di maggiore supporto da parte delle istituzioni pubbliche rispetto al passato, soprattutto prima della pandemia. Tra i caregiver stessi, sta emergendo la consapevolezza che il loro impegno da solo non sarà più sufficiente.

Il prossimo futuro vedrà sempre più famiglie di dimensioni ridotte, anziani con redditi da pensione via via decrescenti e un numero crescente di anziani che vivono da soli. In una Regione in cui il numero di persone ultra 65enni aumenta di oltre 60.000 all'anno, c'è bisogno di potenziare e ripensare le risposte per un welfare che diventi "vicino" alle famiglie nella pratica, attraverso una migliore informazione sulle loro opzioni e sui supporti disponibili sul territorio. La legge regionale sui caregiver familiari, approvata all'unanimità dal Consiglio Regionale della Lombardia il 22 novembre scorso, rappresenta un segnale di possibile cambiamento in questa direzione. Tuttavia, la sua attuazione deve ancora essere implementata dal neo-eletto Consiglio regionale.