Costume e Società

Emergenza nelle case di riposo del Trentino: 1600 anziani in lista d'attesa

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12 Gennaio 2024

È sempre più difficile per gli anziani che necessitano di cure trovare posto in una casa di riposo, e in alcune zone del Trentino, come lungo l'asta dell'Adige, ovvero nei comuni di Trento, Rovereto e Alto Garda, la situazione è ancor più critica. Massimo Giordani, direttore di Upipa, Unione provinciale istituzioni per l'assistenza, consorzio che riunisce le residenze per anziani della provincia di Trento, attribuisce ciò al rapporto sbilanciato tra disponibilità di posti letto e popolazione anziana.

"In queste aree - spiega l'esperto - la pressione è particolarmente elevata. Sebbene in misura minore, il rapporto è leggermente sbilanciato anche in Alta Valsugana e Val di Non, mentre nelle altre valli del Trentino la situazione è più contenuta. Abbiamo affrontato problemi nelle zone di Fiemme e Fassa a causa della carenza di infermieri, che ci ha costretto a ridurre artificialmente il numero di posti disponibili. Nel corso del 2023, abbiamo sospeso gli ingressi, e sebbene la situazione sia ora risolta, non è del tutto risolta".

Calcolare quanti sono in lista d'attesa è un compito complesso e soggetto a continue variazioni, secondo Giordani. "Per organizzarci al meglio - continua - facciamo delle stime, benché grossolane, che danno un'idea di come la situazione stia cambiando. Monitoriamo la saturazione dei posti privati, quelli a cui si accede senza contributo dell'azienda sanitaria. Questi posti letto, costosi e che gravano sulle famiglie con circa 130 euro al giorno, vengono richiesti come ultima risorsa. Se in passato la saturazione era del 50%, l'anno scorso si è avvicinata a una copertura completa. Ora, a una saturazione del 50% corrispondevano tra i 600 e i 900 potenziali utenti in lista d'attesa. Oggi dobbiamo affrontare circa 1200, 1600 anziani in attesa, un dato sconfortante".

Due problemi concreti emergono: la popolazione è sempre più anziana e il livello di assistenza richiesto è sempre più elevato. Le due cose sono collegate, poiché per accedere a una casa di riposo conta la gravità della condizione anziana, non il tempo d'attesa che può superare l'anno. "È un po' come al pronto soccorso, dove passa avanti chi ne ha più bisogno," precisa il direttore di Upipa. Qui sorge il problema degli standard assistenziali.

Una familiare di un anziano presso una Rsa di Trento racconta: "Il tempo dedicato dal personale OSS a ciascun ospite è limitato. Mentre noi, autonomi, richiediamo circa 30 minuti per vestirci e igienizzarci al mattino, nelle Rsa gli operatori possono dedicare solo sette minuti del loro tempo a ciascun ospite. Sono molteplici i disagi affrontati quotidianamente dagli ospiti e dal personale della Rsa, considerando che una sola infermiera deve garantire l'assistenza a 40 ospiti su ogni piano, tutti con problematiche differenti e spesso gravi".

La situazione è critica, ma è essenziale evitare che peggiori. "Possiamo calcolare - continua Giordani - quanti minuti a settimana sono dedicati da OSS, infermieri e medici a ciascun paziente: prima del Covid erano calcolati 1500 minuti in media a settimana, quasi tre ore al giorno a persona, mentre ora siamo a 1250 minuti a settimana. In Lombardia si è arrivati a 900 minuti a settimana, e questo non è un modello da seguire. Certamente, i servizi devono essere ripensati, ma forzare alle cure domiciliari non è sempre la soluzione, poiché a casa gli anziani soffrono di solitudine".


È sempre più difficile per gli anziani che necessitano di cure trovare posto in una casa di riposo, e in alcune zone del Trentino, come lungo l'asta dell'Adige, ovvero nei comuni di Trento, Rovereto e Alto Garda, la situazione è ancor più critica. Massimo Giordani, direttore di Upipa, Unione provinciale istituzioni per l'assistenza, consorzio che riunisce le residenze per anziani della provincia di Trento, attribuisce ciò al rapporto sbilanciato tra disponibilità di posti letto e popolazione anziana.

"In queste aree - spiega l'esperto - la pressione è particolarmente elevata. Sebbene in misura minore, il rapporto è leggermente sbilanciato anche in Alta Valsugana e Val di Non, mentre nelle altre valli del Trentino la situazione è più contenuta. Abbiamo affrontato problemi nelle zone di Fiemme e Fassa a causa della carenza di infermieri, che ci ha costretto a ridurre artificialmente il numero di posti disponibili. Nel corso del 2023, abbiamo sospeso gli ingressi, e sebbene la situazione sia ora risolta, non è del tutto risolta".

Calcolare quanti sono in lista d'attesa è un compito complesso e soggetto a continue variazioni, secondo Giordani. "Per organizzarci al meglio - continua - facciamo delle stime, benché grossolane, che danno un'idea di come la situazione stia cambiando. Monitoriamo la saturazione dei posti privati, quelli a cui si accede senza contributo dell'azienda sanitaria. Questi posti letto, costosi e che gravano sulle famiglie con circa 130 euro al giorno, vengono richiesti come ultima risorsa. Se in passato la saturazione era del 50%, l'anno scorso si è avvicinata a una copertura completa. Ora, a una saturazione del 50% corrispondevano tra i 600 e i 900 potenziali utenti in lista d'attesa. Oggi dobbiamo affrontare circa 1200, 1600 anziani in attesa, un dato sconfortante".

Due problemi concreti emergono: la popolazione è sempre più anziana e il livello di assistenza richiesto è sempre più elevato. Le due cose sono collegate, poiché per accedere a una casa di riposo conta la gravità della condizione anziana, non il tempo d'attesa che può superare l'anno. "È un po' come al pronto soccorso, dove passa avanti chi ne ha più bisogno," precisa il direttore di Upipa. Qui sorge il problema degli standard assistenziali.

Una familiare di un anziano presso una Rsa di Trento racconta: "Il tempo dedicato dal personale OSS a ciascun ospite è limitato. Mentre noi, autonomi, richiediamo circa 30 minuti per vestirci e igienizzarci al mattino, nelle Rsa gli operatori possono dedicare solo sette minuti del loro tempo a ciascun ospite. Sono molteplici i disagi affrontati quotidianamente dagli ospiti e dal personale della Rsa, considerando che una sola infermiera deve garantire l'assistenza a 40 ospiti su ogni piano, tutti con problematiche differenti e spesso gravi".

La situazione è critica, ma è essenziale evitare che peggiori. "Possiamo calcolare - continua Giordani - quanti minuti a settimana sono dedicati da OSS, infermieri e medici a ciascun paziente: prima del Covid erano calcolati 1500 minuti in media a settimana, quasi tre ore al giorno a persona, mentre ora siamo a 1250 minuti a settimana. In Lombardia si è arrivati a 900 minuti a settimana, e questo non è un modello da seguire. Certamente, i servizi devono essere ripensati, ma forzare alle cure domiciliari non è sempre la soluzione, poiché a casa gli anziani soffrono di solitudine".