






Da un farmaco antitumorale una possibile cura per i malati di Parkinson


In un recente articolo comparso sulla rivista Jama Neurology, sono stati pubblicati i risultati di uno studio clinico che apre nuove speranze per la cura del Parkinson. Secondo la ricerca, il farmaco nilotinib, concepito all’origine per il trattamento della leucemia mieloide, si sarebbe dimostrato efficace anche contro i sintomi del morbo di Parkinson.
Già cinque anni fa, lo studio clinico di Fase I, condotto dai ricercatori dello University Medical Center di Georgetown, aveva rilevato gli effetti positivi sui malati di Parkinson del farmaco antitumorale. I risultati sono stati ora confermati dallo studio clinico di fase II, che ha dimostrato inoltre la sicurezza e la tollerabilità del farmaco da parte dei malati.
La sperimentazione originaria del farmaco per curare i malati di leucemia mieloide cronica aveva destato non poche preoccupazioni alla Food and Drug Administration (FDA), a causa di alcuni effetti collaterali che si erano verificati sui malati che avevano preso parte al trial clinico. Era dunque fondamentale dimostrare, in questa fase del trial clinico, che il nilotinib è sicuro e ben tollerato dai pazienti. Nello studio sul morbo di Parkinson sono stati somministrati infatti dei dosaggi molto inferiori rispetto a quelli che erano stati utilizzati con i pazienti oncologici, ed è stato quindi possibile escludere i gravi effetti collaterali delle dosi più elevate.
La ricerca ha coinvolto 75 pazienti dell’età media di 69 anni, colpiti dal morbo di Parkinson ad uno stadio moderatamente avanzato, e suddivisi in due gruppi. Al primo gruppo è stato somministrato per 12 mesi il nilotinib in due dosaggi diversi, mentre al secondo gruppo è stato somministrato un placebo. Nel corso del trial clinico, è stato possibile osservare non solo che il farmaco favorisce il rilascio di dopamina (il neurotrasmettitore tipicamente carente nei malti di Parkinson), ma che riduce anche la quantità delle proteine neurotossiche caratteristiche della malattia nel cervello, e che addirittura rallenta il declino motorio dei pazienti.
Secondo quanto riferisce Fernando Pagan, il principale autore della ricerca, rispetto ai pazienti che hanno assunto il placebo, quelli che sono stati trattati con il nilotinib hanno infatti ottenuto punteggi più elevati nei test dell’abilità motoria e hanno anche riferito un miglioramento della propria qualità di vita. Questi risultati, continua Pagan, suggeriscono che la somministrazione di nilotinib possa stabilizzare la malattia, un effetto che non era mai stato osservato con altri farmaci, ma la ricerca deve ora essere confermata su un campione più ampio e differenziato.
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