Salute e benessere

Alzheimer: un nuovo studio scopre i benefici della cannabis per la protezione dei neuroni

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9 Febbraio 2022

“Curare l’Alzheimer attraverso il potere terapeutico della Cannabis”: leggendo queste parole ci si potrebbe interrogare sullo strano legame che le unisce, eppure la scienza, grazie ad importanti ricerche e sperimentazioni, ne avrebbe dimostrato la correlazione. Attraverso un recente studio, infatti, è stato evidenziato il ruolo della cannabis nel proteggere le cellule del cervello, tutelandole dal danno ossidativo e preservandone la funzione mitocondriale. L’Alzheimer, malattia neurodegenerativa che colpisce principalmente la popolazione anziana, costituisce una patologia complessa che ad oggi risulta priva di cure mediche certificate: la necessità di sviluppare terapie più efficaci in grado di ritardarne la comparsa ha condotto allo sviluppo di nuove teorie che, se accertate e dimostrate, potrebbero costituire in futuro un punto di svolta per la cura di molti disturbi cronici.

La ricerca, che si è concentrata sulle proprietà terapeutiche del “cannabinolo” (CBN), principio attivo della Cannabis, ha permesso di indagare sull’ipotetico ruolo esercitato dalla pianta nella prevenzione dei danni cerebrali: il cannabinolo, proteggendo le cellule dallo stress ossidativo e dalla morte cerebrale, sarebbe in grado di limitare il progresso delle malattie neurodegenerative tipiche della terza età, riducendo i disturbi nei malati e contribuendo a migliorarne le condizioni di vita. La squadra di ricerca, esaminando il processo di “ossitosi”, ha individuato in quest’ultima, e nella graduale perdita di un antiossidante chiamato glutatione, una delle cause del Morbo di Alzheimer. Gli scienziati, stimolando il danno ossidativo, hanno poi trattato le cellule nervose con il CBN, il quale è riuscito a proteggere i mitocondri, ovvero le centrali elettriche della cellula. Attraverso l’osservazione delle cellule danneggiate, equivalenti a quelle presenti nei pazienti affetti dal Alzheimer, è stato osservato come l’ossidazione le abbia danneggiate arricciandone i mitocondri, mentre il trattamento delle cellule con il CBN ha impedito a quest’ultimi di accartocciarsi mantenendo le proprie funzionalità intatte.

La cannabis, pianta erbacea nota per i suoi effetti analgesici e per le sue proprietà rilassanti sul sistema nervoso, è già stata in passato protagonista di numerosi dibatti in ambito etico, medico e scientifico. Utilizzata in principio al di fuori del contesto ospedaliero per scopi poco terapeutici, oggi essa potrebbe invece rappresentare un concreto aiuto per la cura di alcune malattie. I farmaci contenenti cannabis, infatti, possono essere attualmente prescritti con copertura del Sistema Sanitario regionale solo per specifiche patologie, come analgesia nel dolore cronico e spasticità̀ associata a dolore, come effetto anticinetosico ed antiemetico nella nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV o come effetto stimolante o ipotensivo. Il CBN, differenziandosi dal THC e non attivando i recettori dei cannabinoidi necessari per la risposta psicoattiva, si configurerebbe quindi come un farmaco sicuro per l’uomo, capace di funzionare per una grande varietà di cellule con alto potenziale terapeutico. Lo studio, ancora ad una fase sperimentale, potrebbe così condurre a nuove soluzioni per la cura delle malattie neurodegenerative: la capacità della Cannabis di assicurare il mantenimento della funzione mitocondriale delle cellule cerebrali suggerisce l’idea che essa possa in futuro apportare anche numerosi vantaggi all’organismo, contribuendo a rallentarne il decadimento.


“Curare l’Alzheimer attraverso il potere terapeutico della Cannabis”: leggendo queste parole ci si potrebbe interrogare sullo strano legame che le unisce, eppure la scienza, grazie ad importanti ricerche e sperimentazioni, ne avrebbe dimostrato la correlazione. Attraverso un recente studio, infatti, è stato evidenziato il ruolo della cannabis nel proteggere le cellule del cervello, tutelandole dal danno ossidativo e preservandone la funzione mitocondriale. L’Alzheimer, malattia neurodegenerativa che colpisce principalmente la popolazione anziana, costituisce una patologia complessa che ad oggi risulta priva di cure mediche certificate: la necessità di sviluppare terapie più efficaci in grado di ritardarne la comparsa ha condotto allo sviluppo di nuove teorie che, se accertate e dimostrate, potrebbero costituire in futuro un punto di svolta per la cura di molti disturbi cronici.

La ricerca, che si è concentrata sulle proprietà terapeutiche del “cannabinolo” (CBN), principio attivo della Cannabis, ha permesso di indagare sull’ipotetico ruolo esercitato dalla pianta nella prevenzione dei danni cerebrali: il cannabinolo, proteggendo le cellule dallo stress ossidativo e dalla morte cerebrale, sarebbe in grado di limitare il progresso delle malattie neurodegenerative tipiche della terza età, riducendo i disturbi nei malati e contribuendo a migliorarne le condizioni di vita. La squadra di ricerca, esaminando il processo di “ossitosi”, ha individuato in quest’ultima, e nella graduale perdita di un antiossidante chiamato glutatione, una delle cause del Morbo di Alzheimer. Gli scienziati, stimolando il danno ossidativo, hanno poi trattato le cellule nervose con il CBN, il quale è riuscito a proteggere i mitocondri, ovvero le centrali elettriche della cellula. Attraverso l’osservazione delle cellule danneggiate, equivalenti a quelle presenti nei pazienti affetti dal Alzheimer, è stato osservato come l’ossidazione le abbia danneggiate arricciandone i mitocondri, mentre il trattamento delle cellule con il CBN ha impedito a quest’ultimi di accartocciarsi mantenendo le proprie funzionalità intatte.

La cannabis, pianta erbacea nota per i suoi effetti analgesici e per le sue proprietà rilassanti sul sistema nervoso, è già stata in passato protagonista di numerosi dibatti in ambito etico, medico e scientifico. Utilizzata in principio al di fuori del contesto ospedaliero per scopi poco terapeutici, oggi essa potrebbe invece rappresentare un concreto aiuto per la cura di alcune malattie. I farmaci contenenti cannabis, infatti, possono essere attualmente prescritti con copertura del Sistema Sanitario regionale solo per specifiche patologie, come analgesia nel dolore cronico e spasticità̀ associata a dolore, come effetto anticinetosico ed antiemetico nella nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV o come effetto stimolante o ipotensivo. Il CBN, differenziandosi dal THC e non attivando i recettori dei cannabinoidi necessari per la risposta psicoattiva, si configurerebbe quindi come un farmaco sicuro per l’uomo, capace di funzionare per una grande varietà di cellule con alto potenziale terapeutico. Lo studio, ancora ad una fase sperimentale, potrebbe così condurre a nuove soluzioni per la cura delle malattie neurodegenerative: la capacità della Cannabis di assicurare il mantenimento della funzione mitocondriale delle cellule cerebrali suggerisce l’idea che essa possa in futuro apportare anche numerosi vantaggi all’organismo, contribuendo a rallentarne il decadimento.

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