Costume e Società

Alzheimer: copertura della retta in RSA a carico del servizio sanitario nazionale secondo la Corte di cassazione

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22 Giugno 2023

La retta di un paziente ricoverato in una RSA a causa dell'Alzheimer sarà coperta interamente dal servizio sanitario nazionale. La Corte di cassazione ha stabilito che non è possibile separare le attività sanitarie, di competenza del Ssn, da quelle di natura alberghiera/assistenziale, soggette a integrazione da parte del privato. Questo perché le attività sono strettamente correlate e la tutela della salute prevale. La decisione è stata presa in risposta al ricorso del figlio di una donna affetta da Alzheimer e invalida al 100% che era ricoverata in una casa di riposo.

Inizialmente, la famiglia si era impegnata a pagare una quota mensile significativa della retta, ma dopo circa sei anni ha revocato il consenso sostenendo che l'onere spettava interamente al Ssn. Il Tribunale di Padova e la Corte di appello di Venezia hanno respinto la loro richiesta. Gli eredi hanno quindi fatto ricorso in Cassazione.

Secondo la Terza Sezione civile, il fattore determinante per la suddivisione delle spese è l'individuazione di un "trattamento terapeutico personalizzato che può essere somministrato solo insieme all'assistenza". In questo caso, l'intervento "sanitario-socio assistenziale" è completamente coperto dal Sistema sanitario pubblico. La Corte spiega che per stabilire questo criterio è necessario fare riferimento alle condizioni del paziente e non alle caratteristiche della struttura in cui è ricoverato.

Non è rilevante se per quel singolo paziente sia stato concordato un piano terapeutico personalizzato o se sia stato seguito correttamente. Quello che conta è che il piano terapeutico personalizzato fosse necessario in relazione alla patologia (Alzheimer) di cui il paziente era affetto, al momento del ricovero e alla sua futura evoluzione. Era necessario un trattamento sanitario strettamente legato all'aspetto assistenziale per rallentare l'evoluzione della malattia e contenere i comportamenti autolesionistici o potenzialmente dannosi per gli altri.

Solo se si può escludere la necessità concreta che per quel singolo paziente affetto da Alzheimer la prestazione socioassistenziale sia strettamente legata alla prestazione sanitaria, è legittimo che parte della retta di degenza sia a carico del paziente.

La Cassazione conclude che la prestazione fornita era un'integrazione sanitaria significativa, poiché la donna era affetta da molteplici patologie invalidanti e richiedeva cure sanitarie continue da personale specializzato (infermieri e medici) senza le quali non sarebbe sopravvissuta. Il giudice di merito ha commesso un errore nel ritenere che, nel caso in cui le prestazioni siano indissociabili per garantire la cura e la tutela della salute della persona, sia legittimo suddividere la spesa tra il Fondo sanitario nazionale e regionale, da un lato, e l'intervento economico integrativo dei Comuni o dei privati, dall'altro. Ora spetta alla Corte di appello di Venezia, in una diversa composizione, procedere a un nuovo giudizio.


La retta di un paziente ricoverato in una RSA a causa dell'Alzheimer sarà coperta interamente dal servizio sanitario nazionale. La Corte di cassazione ha stabilito che non è possibile separare le attività sanitarie, di competenza del Ssn, da quelle di natura alberghiera/assistenziale, soggette a integrazione da parte del privato. Questo perché le attività sono strettamente correlate e la tutela della salute prevale. La decisione è stata presa in risposta al ricorso del figlio di una donna affetta da Alzheimer e invalida al 100% che era ricoverata in una casa di riposo.

Inizialmente, la famiglia si era impegnata a pagare una quota mensile significativa della retta, ma dopo circa sei anni ha revocato il consenso sostenendo che l'onere spettava interamente al Ssn. Il Tribunale di Padova e la Corte di appello di Venezia hanno respinto la loro richiesta. Gli eredi hanno quindi fatto ricorso in Cassazione.

Secondo la Terza Sezione civile, il fattore determinante per la suddivisione delle spese è l'individuazione di un "trattamento terapeutico personalizzato che può essere somministrato solo insieme all'assistenza". In questo caso, l'intervento "sanitario-socio assistenziale" è completamente coperto dal Sistema sanitario pubblico. La Corte spiega che per stabilire questo criterio è necessario fare riferimento alle condizioni del paziente e non alle caratteristiche della struttura in cui è ricoverato.

Non è rilevante se per quel singolo paziente sia stato concordato un piano terapeutico personalizzato o se sia stato seguito correttamente. Quello che conta è che il piano terapeutico personalizzato fosse necessario in relazione alla patologia (Alzheimer) di cui il paziente era affetto, al momento del ricovero e alla sua futura evoluzione. Era necessario un trattamento sanitario strettamente legato all'aspetto assistenziale per rallentare l'evoluzione della malattia e contenere i comportamenti autolesionistici o potenzialmente dannosi per gli altri.

Solo se si può escludere la necessità concreta che per quel singolo paziente affetto da Alzheimer la prestazione socioassistenziale sia strettamente legata alla prestazione sanitaria, è legittimo che parte della retta di degenza sia a carico del paziente.

La Cassazione conclude che la prestazione fornita era un'integrazione sanitaria significativa, poiché la donna era affetta da molteplici patologie invalidanti e richiedeva cure sanitarie continue da personale specializzato (infermieri e medici) senza le quali non sarebbe sopravvissuta. Il giudice di merito ha commesso un errore nel ritenere che, nel caso in cui le prestazioni siano indissociabili per garantire la cura e la tutela della salute della persona, sia legittimo suddividere la spesa tra il Fondo sanitario nazionale e regionale, da un lato, e l'intervento economico integrativo dei Comuni o dei privati, dall'altro. Ora spetta alla Corte di appello di Venezia, in una diversa composizione, procedere a un nuovo giudizio.

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