Costume e Società

Un quarto dei centri per i disturbi cognitivi del Paese apre soltanto un giorno alla settimana

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5 Aprile 2023

Una survey condotta dall’Osservatorio Demenze dell’Istituto superiore di sanità (Iss) tra luglio 2022 e febbraio 2023 ha rivelato che “negli oltre 500 Centri per i disturbi cognitivi e le demenze (Cdcd) sparsi sul territorio nazionale, lavorano in media 5 professionisti. Un terzo circa di questi centri è diretto dal neurologo, un altro terzo dal geriatra e in poco meno di un altro terzo operano almeno due delle tre figure mediche fondamentali (neurologo, geriatra, psichiatra), mentre nel 5% dei casi a coordinare è lo psichiatra. Scarseggiano, inoltre, altre tipologie di professionisti (infermieri, fisioterapisti, logopedisti, mediatori culturali) nell’organico delle strutture”. 

I risultati fanno riferimento alle attività del 2019 e sono sono stati presentati nel corso del webinar “Progetto Fondo per l’Alzheimer e le demenze – Risultati della survey dei Centri per i disturbi cognitivi e le demenze (2022-2023)”, rivolto al personale dei Cdcd. Tra le altre informazioni, il rapporto ha anche sottolineato che un quarto dei Cdd (25,4%) è aperto soltanto un giorno a settimana. Tra quelli aperti tutti i 5 giorni lavorativi della settimana, il 43,5% si trova nel Nord del Paese. Il 27,5% si trova al Centro e il 24,6% al Sud.

Il sondaggio ha visto la partecipazione del 95% dei Cdcd, ovvero 512 su 540. È stato verificato che l’80% di questi Cdcd ha un'unica sede nel territorio nazionale, mentre il 19,1% ha sedi territoriali per un totale di 163 strutture. La maggior parte dei Cdcd si trova negli ospedali (46,7%), mentre il 44,1% si trova nel territorio e il 9,2% nelle Università/Irccs.

Per quanto riguarda i professionisti che lavorano nei Cdcd, l'indagine ha rilevato che sul totale di 2.492, 14% non sono strutturati. Nel 29,9% dei Cdcd opera almeno uno neuropsicologo e nel 26,6% almeno uno psicologo. Nel 29,7% dei Centri operano almeno due tra neurologo, geriatra e psichiatra, mentre il 33% dei Cdcd è diretto solo dal neurologo, il 31,5% solo dal geriatra e il 5,1% solo dallo psichiatra. Nel 58,8% è impegnato almeno un infermiere, nel 16,2% un assistente sociale, un amministrativo (8,9%), un logopedista (8,4%), un fisioterapista (6,4%), un genetista (1,6%), un terapista occupazionale (1,1%), un mediatore culturale (1,1%) e un interprete linguistico (1,1%).

Secondo Nicola Vanacore, direttore dell’Osservatorio Demenze dell’Iss, “questi dati fotografano le criticità dell’offerta sanitaria presente in Italia per i Cdcd sia per quanto riguarda il numero complessivo di professionisti sia per la scarsità di altre tipologie di professionisti diverse dai medici. In una logica di sanità pubblica è fondamentale poter disporre nei Cdcd, un nodo cruciale per la diagnosi e la presa in carico delle persone con demenza, di un maggior numero di professionisti e di personale con diversi profili al fine di poter valorizzare sempre più un lavoro di équipe interprofessionale e di renderlo disponibile e capillare in tutto il territorio nazionale. Si tratta di dati molto importanti poiché parliamo di un problema che coinvolge in Italia circa due milioni di persone con disturbo cognitivo lieve o demenza e circa tre milioni di italiani, tra familiari e caregiver, che vivono con loro”, osserva.


Una survey condotta dall’Osservatorio Demenze dell’Istituto superiore di sanità (Iss) tra luglio 2022 e febbraio 2023 ha rivelato che “negli oltre 500 Centri per i disturbi cognitivi e le demenze (Cdcd) sparsi sul territorio nazionale, lavorano in media 5 professionisti. Un terzo circa di questi centri è diretto dal neurologo, un altro terzo dal geriatra e in poco meno di un altro terzo operano almeno due delle tre figure mediche fondamentali (neurologo, geriatra, psichiatra), mentre nel 5% dei casi a coordinare è lo psichiatra. Scarseggiano, inoltre, altre tipologie di professionisti (infermieri, fisioterapisti, logopedisti, mediatori culturali) nell’organico delle strutture”. 

I risultati fanno riferimento alle attività del 2019 e sono sono stati presentati nel corso del webinar “Progetto Fondo per l’Alzheimer e le demenze – Risultati della survey dei Centri per i disturbi cognitivi e le demenze (2022-2023)”, rivolto al personale dei Cdcd. Tra le altre informazioni, il rapporto ha anche sottolineato che un quarto dei Cdd (25,4%) è aperto soltanto un giorno a settimana. Tra quelli aperti tutti i 5 giorni lavorativi della settimana, il 43,5% si trova nel Nord del Paese. Il 27,5% si trova al Centro e il 24,6% al Sud.

Il sondaggio ha visto la partecipazione del 95% dei Cdcd, ovvero 512 su 540. È stato verificato che l’80% di questi Cdcd ha un'unica sede nel territorio nazionale, mentre il 19,1% ha sedi territoriali per un totale di 163 strutture. La maggior parte dei Cdcd si trova negli ospedali (46,7%), mentre il 44,1% si trova nel territorio e il 9,2% nelle Università/Irccs.

Per quanto riguarda i professionisti che lavorano nei Cdcd, l'indagine ha rilevato che sul totale di 2.492, 14% non sono strutturati. Nel 29,9% dei Cdcd opera almeno uno neuropsicologo e nel 26,6% almeno uno psicologo. Nel 29,7% dei Centri operano almeno due tra neurologo, geriatra e psichiatra, mentre il 33% dei Cdcd è diretto solo dal neurologo, il 31,5% solo dal geriatra e il 5,1% solo dallo psichiatra. Nel 58,8% è impegnato almeno un infermiere, nel 16,2% un assistente sociale, un amministrativo (8,9%), un logopedista (8,4%), un fisioterapista (6,4%), un genetista (1,6%), un terapista occupazionale (1,1%), un mediatore culturale (1,1%) e un interprete linguistico (1,1%).

Secondo Nicola Vanacore, direttore dell’Osservatorio Demenze dell’Iss, “questi dati fotografano le criticità dell’offerta sanitaria presente in Italia per i Cdcd sia per quanto riguarda il numero complessivo di professionisti sia per la scarsità di altre tipologie di professionisti diverse dai medici. In una logica di sanità pubblica è fondamentale poter disporre nei Cdcd, un nodo cruciale per la diagnosi e la presa in carico delle persone con demenza, di un maggior numero di professionisti e di personale con diversi profili al fine di poter valorizzare sempre più un lavoro di équipe interprofessionale e di renderlo disponibile e capillare in tutto il territorio nazionale. Si tratta di dati molto importanti poiché parliamo di un problema che coinvolge in Italia circa due milioni di persone con disturbo cognitivo lieve o demenza e circa tre milioni di italiani, tra familiari e caregiver, che vivono con loro”, osserva.

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