Costume e Società

Rapporto Cergas SDA Bocconi: il settore dei servizi per anziani non autosufficienti in profonda crisi

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6 Marzo 2023

Anni di politiche pubbliche parziali e obsolete, sommate agli impatti economici che lo hanno duramente colpito dopo la pandemia di Covid-19, come l'aumento dei costi di gestione e la crisi del personale. Di conseguenza, il settore dei servizi agli anziani non autosufficienti in Italia sta attraversando un momento di profonda crisi. Questo è ciò che emerge dal rapporto di ricerca dell'Osservatorio Long Term Care del Cergas SDA Bocconi, ora alla sua quinta edizione in collaborazione con Essity Italia, la cui pubblicazione è stata evidenziata sul portale Sanità 24. Fornendo una panoramica trasversale del settore assistenziale, il rapporto rappresenta un prezioso punto di incontro tra il settore privato e il welfare pubblico.

Il rapporto si è concentrato specificamente sulla comprensione delle caratteristiche dei servizi residenziali disponibili per gli anziani oggi, partendo dai dati dei gestori e confrontandoli con le norme vigenti e gli standard richiesti in 12 regioni.

L'eterogeneità regionale è il primo elemento che emerge dall'analisi: guardando da vicino cosa significa la residenzialità socio assistenziale per gli anziani (RSA) nelle 12 regioni studiate, si osserva che ogni sistema è profondamente diverso, rendendo difficile il processo di confronto dei servizi. La conseguenza è una profonda iniquità per i cittadini, ma anche complessità per i gestori che operano in contesti molteplici e sono costretti ad affrontare regole e meccanismi completamente diversificati.

Tra gli esempi, le tariffe riconosciute dalle regioni per i moduli di assistenza ad alta intensità possono variare da un minimo di 30 euro al giorno a un massimo di 87,7 euro al giorno. I minuti di assistenza previsti al giorno per paziente per i moduli di alta intensità variano coerentemente da un minimo di 17 a un massimo di 62 per infermiere, e da 77 a 206 per OSS. In altre parole, in media è necessario un infermiere per ogni 5,6 OSS. Tuttavia, la variabilità tra le regioni varia dai contesti in cui è necessario un infermiere per ogni 3,3 OSS per le alte intensità, a un infermiere per ogni 9 OSS per le basse intensità.

Osservando, d'altra parte, le prestazioni dei gestori nel 2021 e nel 2022, lo studio mostra che il 90% delle aziende intervistate, sia pubbliche che private, ha registrato un aumento dei costi del personale. Il 62% ha riportato un peggioramento del risultato di bilancio, mentre il 74% ha segnalato un aumento dei casi di burnout del personale con conseguente peggioramento della qualità dei servizi. Nel 2022, sempre secondo i gestori, si è verificata una profonda crisi legata alla carenza generalizzata e strutturale di personale, con il 21,7% degli infermieri, il 10,8% degli OSS e il 13% dei medici. Questi dati ci mostrano che gli operatori stanno operando con personale insufficiente e devono essere messi in relazione con quelli dati che confrontano la dotazione di organico effettivo riportata dai gestori con il minimo richiesto dalla normativa.

Le aziende, che siano pubbliche o private, operano in media con un numero maggiore di personale rispetto a quello richiesto dalla normativa. Il rapporto indica una media di un infermiere ogni 5,1 OSS, rispetto alla media richiesta di 5,6 (dati del 2021). Ciò è dovuto al fatto che il mix di casi reali nei servizi residenziali per anziani è molto più complesso di quanto presuppone la normativa. In questo modo, per offrire un servizio adeguato in termini di qualità e sicurezza, i gestori devono alzare gli standard, e ciò viene fatto nonostante le difficoltà nel trovare personale qualificato e nonostante il fatto che le tariffe riconosciute dal sistema pubblico siano calibrate su livelli di servizio più bassi. Tuttavia, nel 2019, questo numero era pari a 1 ogni 4,8, il che indica che il quadro di personale "extra-standard" sta diminuendo a causa delle crisi contingenti.

Un terzo elemento evidenziato nel rapporto riguarda l'intero settore. Secondo le stime più recenti, gli anziani non autosufficienti nel nostro paese sono 3,9 milioni, il che corrisponde al 28,4% della popolazione sopra i 65 anni, secondo i dati ISTAT. Di questi, solo il 6,3% ha trovato una soluzione in una struttura residenziale, lo 0,6% in centri semi-residenziali, il 21,5% tramite ADI, la cui intensità media si è fissata a 15 ore all'anno per anziano assistito. I dati mostrano che, in effetti, i risultati del welfare pubblico in termini di servizi reali sono ancora molto limitati. In altre parole, le famiglie si trovano praticamente sole nella gestione delle cure, anche considerando che l'offerta di servizi residenziali privati è residuale e pari ad un decimo di quella pubblica.

In questo senso, il numero di famiglie escluse dai servizi formali e che quindi si rivolge al mercato delle “badanti” è ancora molto elevato, con stime recenti che indicano un aumento del 11% del numero di badanti rispetto alla pre-pandemia, raggiungendo il totale di 1,12 milioni di persone. Si prevede un aumento del numero di anziani e di persone non autosufficienti in futuro, il che dovrebbe rendere il settore una priorità per le politiche di intervento, non solo per quanto riguarda gli operatori, i lavoratori e gli utenti dei servizi, ma soprattutto per tutti i cittadini che attualmente sono esclusi dal sistema.


Anni di politiche pubbliche parziali e obsolete, sommate agli impatti economici che lo hanno duramente colpito dopo la pandemia di Covid-19, come l'aumento dei costi di gestione e la crisi del personale. Di conseguenza, il settore dei servizi agli anziani non autosufficienti in Italia sta attraversando un momento di profonda crisi. Questo è ciò che emerge dal rapporto di ricerca dell'Osservatorio Long Term Care del Cergas SDA Bocconi, ora alla sua quinta edizione in collaborazione con Essity Italia, la cui pubblicazione è stata evidenziata sul portale Sanità 24. Fornendo una panoramica trasversale del settore assistenziale, il rapporto rappresenta un prezioso punto di incontro tra il settore privato e il welfare pubblico.

Il rapporto si è concentrato specificamente sulla comprensione delle caratteristiche dei servizi residenziali disponibili per gli anziani oggi, partendo dai dati dei gestori e confrontandoli con le norme vigenti e gli standard richiesti in 12 regioni.

L'eterogeneità regionale è il primo elemento che emerge dall'analisi: guardando da vicino cosa significa la residenzialità socio assistenziale per gli anziani (RSA) nelle 12 regioni studiate, si osserva che ogni sistema è profondamente diverso, rendendo difficile il processo di confronto dei servizi. La conseguenza è una profonda iniquità per i cittadini, ma anche complessità per i gestori che operano in contesti molteplici e sono costretti ad affrontare regole e meccanismi completamente diversificati.

Tra gli esempi, le tariffe riconosciute dalle regioni per i moduli di assistenza ad alta intensità possono variare da un minimo di 30 euro al giorno a un massimo di 87,7 euro al giorno. I minuti di assistenza previsti al giorno per paziente per i moduli di alta intensità variano coerentemente da un minimo di 17 a un massimo di 62 per infermiere, e da 77 a 206 per OSS. In altre parole, in media è necessario un infermiere per ogni 5,6 OSS. Tuttavia, la variabilità tra le regioni varia dai contesti in cui è necessario un infermiere per ogni 3,3 OSS per le alte intensità, a un infermiere per ogni 9 OSS per le basse intensità.

Osservando, d'altra parte, le prestazioni dei gestori nel 2021 e nel 2022, lo studio mostra che il 90% delle aziende intervistate, sia pubbliche che private, ha registrato un aumento dei costi del personale. Il 62% ha riportato un peggioramento del risultato di bilancio, mentre il 74% ha segnalato un aumento dei casi di burnout del personale con conseguente peggioramento della qualità dei servizi. Nel 2022, sempre secondo i gestori, si è verificata una profonda crisi legata alla carenza generalizzata e strutturale di personale, con il 21,7% degli infermieri, il 10,8% degli OSS e il 13% dei medici. Questi dati ci mostrano che gli operatori stanno operando con personale insufficiente e devono essere messi in relazione con quelli dati che confrontano la dotazione di organico effettivo riportata dai gestori con il minimo richiesto dalla normativa.

Le aziende, che siano pubbliche o private, operano in media con un numero maggiore di personale rispetto a quello richiesto dalla normativa. Il rapporto indica una media di un infermiere ogni 5,1 OSS, rispetto alla media richiesta di 5,6 (dati del 2021). Ciò è dovuto al fatto che il mix di casi reali nei servizi residenziali per anziani è molto più complesso di quanto presuppone la normativa. In questo modo, per offrire un servizio adeguato in termini di qualità e sicurezza, i gestori devono alzare gli standard, e ciò viene fatto nonostante le difficoltà nel trovare personale qualificato e nonostante il fatto che le tariffe riconosciute dal sistema pubblico siano calibrate su livelli di servizio più bassi. Tuttavia, nel 2019, questo numero era pari a 1 ogni 4,8, il che indica che il quadro di personale "extra-standard" sta diminuendo a causa delle crisi contingenti.

Un terzo elemento evidenziato nel rapporto riguarda l'intero settore. Secondo le stime più recenti, gli anziani non autosufficienti nel nostro paese sono 3,9 milioni, il che corrisponde al 28,4% della popolazione sopra i 65 anni, secondo i dati ISTAT. Di questi, solo il 6,3% ha trovato una soluzione in una struttura residenziale, lo 0,6% in centri semi-residenziali, il 21,5% tramite ADI, la cui intensità media si è fissata a 15 ore all'anno per anziano assistito. I dati mostrano che, in effetti, i risultati del welfare pubblico in termini di servizi reali sono ancora molto limitati. In altre parole, le famiglie si trovano praticamente sole nella gestione delle cure, anche considerando che l'offerta di servizi residenziali privati è residuale e pari ad un decimo di quella pubblica.

In questo senso, il numero di famiglie escluse dai servizi formali e che quindi si rivolge al mercato delle “badanti” è ancora molto elevato, con stime recenti che indicano un aumento del 11% del numero di badanti rispetto alla pre-pandemia, raggiungendo il totale di 1,12 milioni di persone. Si prevede un aumento del numero di anziani e di persone non autosufficienti in futuro, il che dovrebbe rendere il settore una priorità per le politiche di intervento, non solo per quanto riguarda gli operatori, i lavoratori e gli utenti dei servizi, ma soprattutto per tutti i cittadini che attualmente sono esclusi dal sistema.

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