






La metà degli anziani ricoverati in casa di riposo soffre di difficoltà nella deglutizione


La disfagia orofaringea è un sintomo molto comune tra gli anziani, spesso correlato all'età e alla presenza di malattie neurologiche e muscolari. Si stima che la prevalenza della disfagia orofaringea aumenti al 50% o più tra gli anziani ricoverati in ospedale o nelle case di riposo, colpendo circa il 13% della popolazione generale sopra i 65 anni. Inoltre, si ritiene che circa una persona su 17 possa sperimentarla in qualche momento della vita. Nei pazienti colpiti da ictus e malattie neurologiche cronico-degenerative come Alzheimer, Parkinson, demenza e SLA, la disfagia può verificarsi in percentuali che vanno dal 20% all'80%.
Il presidente della Società Italiana di Nutrizione Clinica e Metabolismo (SINuC), Maurizio Muscaritoli, ha sottolineato che la disfagia è in costante aumento e ha un notevole impatto sociale, sanitario ed economico. Tuttavia, spesso rimane sotto-diagnosticata e insufficientemente trattata.
La deglutizione degli alimenti è un atto involontario che si verifica circa 150 volte al giorno, mentre la deglutizione della saliva avviene ogni 30 secondi durante la veglia e ogni minuto durante il sonno, ovvero circa 1.600-2.000 volte al giorno. Questo è un processo complesso che coinvolge il sistema respiratorio e il tratto digestivo superiore, compreso la bocca, la faringe e l'esofago, che lavorano in sinergia.
La difficoltà nella deglutizione può causare disagio, ansia, depressione e isolamento sociale, nonché portare a problemi nutrizionali, disidratazione e perdita di massa muscolare. Le complicazioni, tuttavia, vanno oltre, in quanto una diminuzione della sicurezza nella deglutizione può comportare il passaggio involontario di cibi o liquidi nelle vie respiratorie, aumentando il rischio di aspirazione tracheo-bronchiale, polmonite da corpo estraneo e persino morte.
Il direttore dell'Unità di Nutrizione Clinica presso l'INRCA di Ancona, Paolo Orlandoni, sottolinea l'importanza di prestare attenzione ai segnali di pericolo che indicano il rischio di aspirazione di cibo nelle vie respiratorie. “È importante che il paziente o chi lo assiste, sia esso un familiare o un sanitario, ponga attenzione ad alcuni campanelli d’allarme, che indicano il probabile e il potenziale rischio di passaggio di piccole quantità̀ di alimenti nelle vie aeree”. L’esperto propone l'uso di additivi naturali o artificiali, come addensanti, diluenti e lubrificanti, per modificare la consistenza degli alimenti e renderli più sicuri da deglutire.
Nei casi in cui la dieta modificata da sola non riesca a soddisfare le esigenze del paziente, si può ricorrere all'uso di integratori nutrizionali orali. Il dottor Samir Sukkar, esperto in gastroenterologia e membro del direttivo SINuC, sottolinea la necessità di un approccio integrato alla nutrizione nelle case di riposo, in particolare per i pazienti con disfagia. “Alimentarsi non è un’operazione meccanica e medicalizzata, ma un’azione complessa, ricca di significati e di valori culturali, emotivi, psicologici, simbolici, sensoriali. Per questo è importante cercare soluzioni che permettano all’ospite Rsa di continuare a provare il piacere del cibo, soprattutto quando questo è l’unico piacere che ha”.
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