Salute e benessere

I segni che aiutano a riconoscere possibili maltrattamenti contro gli anziani

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11 Aprile 2023

L’anziano fragile e dipendente, quindi vulnerabile, la cui vita è legata all’aiuto altrui, è più esposto a subire abusi da parte di chi dovrebbe assisterlo (caregiver, badante, operatore sanitario). Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità circa 1 anziano su 6 nella comunità (quasi 4 su 6 nelle case di riposo) è vittima di qualche forma di maltrattamento: abuso psicologico (offese e minacce), fisico (spinte, schiaffi, tirate), finanziario (furto con inganni e sfruttamento economico) o sessuale, contenzione chimica (somministrazione di calmanti per evitare richieste di assistenza) e fisica (polsi o gambe legati al letto, confinamento sulla sedia a rotelle o sulla poltrona), negligenza (cure e alimentazione insufficienti).

Secondo la coordinatrice del Gruppo sulla prevenzione del maltrattamento dell’anziano della Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg) e direttrice del corso di laurea in Infermieristica dell’Università di Milano presso la Fondazione don Gnocchi, Anna Castaldo, “È frequente soprattutto tra i soggetti con decadimento cognitivo e quelli di sesso femminile”. 

I segnali fisici 


Come individuare i segnali dell’abuso? “Un primo segnale è la trascuratezza dell’igiene e dell’aspetto - sottolinea Castaldo. Quando la persona ha un cattivo odore, i suoi indumenti sono sporchi, i capelli malconci, la bocca non lavata, la protesi dentaria piena di residui di cibo”. Un altro sintomo di trascuratezza potrebbe essere le labbra molto aride: “significa che l’anziano sta bevendo poco”, avverte Castaldo, che consiglia di prestare attenzione anche alle situazioni in cui “la persona non indossa come fa abitualmente occhiali, dentiera o apparecchio acustico di cui ha bisogno e questi strumenti non sono nemmeno a sua portata di mano”. Da non ignorare poi segni fisici, come graffi, lividi, piaghe da decubito causate da immobilità prolungata a cui l’anziano è stato costretto a letto o in posizione seduta.

I segnali psicologici 


A livello psicologico la violenza subita può esprimersi con “perdita di interessi, tristezza, passività e scarsa loquacità per paura di esporsi in seguito a minacce di punizioni. Bisogna farsi venire il sospetto che qualcosa non va se, in vostra presenza, il caregiver risponde sempre al posto dell’anziano per evitare un suo sfogo”, prosegue Castaldo. Attenzione, inoltre, alla mancanza improvvisa di soldi dal conto bancario dell’assistito e alla sparizione di oggetti e abiti personali. 

Fattori di rischio 


Le probabilità che si verifichino aggressioni possono aumentare a seconda di alcune condizioni, come  “la convivenza stretta che favorisce il burnout del caregiver, cioè uno stato di stress fisico e mentale dovuto all’eccessivo carico di lavoro; l’isolamento sociale e il basso reddito dell’anziano, che lo rendono più bisognoso degli altri; quando il familiare di riferimento per l’assistenza soffre di disturbi psichiatrici o ha una dipendenza da alcol, droghe o gioco d’azzardo, o se dipende economicamente dal malato”. 

Un altro fattore di rischio è “la poca valorizzazione riconosciuta alla badante”, afferma Marco Trabucchi, psichiatra e presidente dell’Associazione italiana di Psicogeriatria. “Se trattata come una schiava, pagata male e non messa in regola, disprezzerà il suo ruolo e avrà meno rispetto verso l’assistito. La vita dell’anziano è una battaglia continua contro l’aggressività degli anni e la forza per resistere arriva dal rispetto che la persona ha per sé stessa e da quello che gli altri le danno”. La conseguenza di abusi ripetuti è un maggiore rischio di morte anticipata. “L’anziano inerme sprofonda nell’angoscia della solitudine e nella sfiducia del prossimo. Perde ogni speranza, pensando che nessuno gli voglia più bene e rinunciando a poco a poco a vivere”, conclude lo psichiatra.

La prevenzione passa anche per il benessere del caregiver 


Per prevenire il fenomeno degli abusi sugli anziani bisogna innanzitutto salvaguardare il benessere di caregiver, badanti e operatori sanitari. Per Anna Castaldo, coordinatrice del Gruppo sulla prevenzione del maltrattamento dell’anziano della Sigg, “è necessario che possano fruire di percorsi di formazione per essere in grado di gestire lo stress e capire quando è il momento di prendersi una pausa, magari chiedendo aiuto a qualcun altro, senza vergognarsi di farlo. Nei momenti di difficoltà devono poter contare su un supporto psicologico e gruppi di mutuo aiuto”, dichiara. 

Per conoscere se nel proprio territorio sono disponibili servizi di supporto e formazione è opportuno contattare il Comune o l’Asl. Ci sono anche i cosiddetti “ricoveri di sollievo” temporanei in strutture socio assistenziali dedicati alla persona non autosufficiente per alleviare il caregiver e affrontare situazioni critiche.

“Sarebbe utile istituire un numero telefonico nazionale a cui gli anziani vittime di maltrattamento e chiunque sospetti un abuso possano chiamare per chiedere aiuto”, propone Castaldo. Ma per prevenire effettivamente gli abusi è essenziale lavorare sulla mentalità comune. Vedere come un fardello l’anziano che ha perso autonomia porta ad avere atteggiamenti discriminatori nei suoi confronti.

“Invecchiare non è una malattia. Le istituzioni dovrebbero guardare alla longevità come un valore e non un carico economico , facendo in modo che i servizi sanitari non si occupino solo della cura delle malattie ma anche del mantenimento dello stato funzionale degli anziani. Ciò significa assicurare attività riabilitative durante qualsiasi intervento ospedaliero e sul territorio, affinché la persona possa recuperare e conservare il più a lungo possibile l’autonomia nei movimenti e la capacità di svolgere le normali attività quotidiane, come lavarsi, vestirsi, prepararsi da mangiare, fare la spesa” evidenzia Andrea Ungar, direttore della Geriatria dell’ospedale Careggi di Firenze e presidente Sigg.

Progetto Badando


L’obiettivo del “Progetto Badando”, avviato nel 2009 in 5 comuni dell’hinterland bolognese (Casalecchio di Reno, Valsamoggia, Zola Predosa, Monte San Pietro, Sasso Marconi) da Asc Insieme, l’ente pubblico che ne cura i servizi sociali, è sostenere la famiglia nella scelta dell’assistente familiare più idoneo, anche per periodi brevi. Il servizio propone un corso di formazione per caregiver professionali e familiari di 40 ore e ha realizzato un elenco da cui si seleziona per la scelta. Una volta individuata la giusta combinazione la famiglia viene collegata con un’agenzia del lavoro convenzionata che si incaricherà della stipula del contratto e della busta paga. Il rapporto tra caregiver e malato viene controllato da un assistente sociale. Si organizzano anche gruppi di sostegno per caregiver familiari e pazienti e di reciproco aiuto per badanti. Il servizio oggi è stato, in parte, ampliato a tutti i comuni della città metropolitana di Bologna


L’anziano fragile e dipendente, quindi vulnerabile, la cui vita è legata all’aiuto altrui, è più esposto a subire abusi da parte di chi dovrebbe assisterlo (caregiver, badante, operatore sanitario). Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità circa 1 anziano su 6 nella comunità (quasi 4 su 6 nelle case di riposo) è vittima di qualche forma di maltrattamento: abuso psicologico (offese e minacce), fisico (spinte, schiaffi, tirate), finanziario (furto con inganni e sfruttamento economico) o sessuale, contenzione chimica (somministrazione di calmanti per evitare richieste di assistenza) e fisica (polsi o gambe legati al letto, confinamento sulla sedia a rotelle o sulla poltrona), negligenza (cure e alimentazione insufficienti).

Secondo la coordinatrice del Gruppo sulla prevenzione del maltrattamento dell’anziano della Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg) e direttrice del corso di laurea in Infermieristica dell’Università di Milano presso la Fondazione don Gnocchi, Anna Castaldo, “È frequente soprattutto tra i soggetti con decadimento cognitivo e quelli di sesso femminile”. 

I segnali fisici 


Come individuare i segnali dell’abuso? “Un primo segnale è la trascuratezza dell’igiene e dell’aspetto - sottolinea Castaldo. Quando la persona ha un cattivo odore, i suoi indumenti sono sporchi, i capelli malconci, la bocca non lavata, la protesi dentaria piena di residui di cibo”. Un altro sintomo di trascuratezza potrebbe essere le labbra molto aride: “significa che l’anziano sta bevendo poco”, avverte Castaldo, che consiglia di prestare attenzione anche alle situazioni in cui “la persona non indossa come fa abitualmente occhiali, dentiera o apparecchio acustico di cui ha bisogno e questi strumenti non sono nemmeno a sua portata di mano”. Da non ignorare poi segni fisici, come graffi, lividi, piaghe da decubito causate da immobilità prolungata a cui l’anziano è stato costretto a letto o in posizione seduta.

I segnali psicologici 


A livello psicologico la violenza subita può esprimersi con “perdita di interessi, tristezza, passività e scarsa loquacità per paura di esporsi in seguito a minacce di punizioni. Bisogna farsi venire il sospetto che qualcosa non va se, in vostra presenza, il caregiver risponde sempre al posto dell’anziano per evitare un suo sfogo”, prosegue Castaldo. Attenzione, inoltre, alla mancanza improvvisa di soldi dal conto bancario dell’assistito e alla sparizione di oggetti e abiti personali. 

Fattori di rischio 


Le probabilità che si verifichino aggressioni possono aumentare a seconda di alcune condizioni, come  “la convivenza stretta che favorisce il burnout del caregiver, cioè uno stato di stress fisico e mentale dovuto all’eccessivo carico di lavoro; l’isolamento sociale e il basso reddito dell’anziano, che lo rendono più bisognoso degli altri; quando il familiare di riferimento per l’assistenza soffre di disturbi psichiatrici o ha una dipendenza da alcol, droghe o gioco d’azzardo, o se dipende economicamente dal malato”. 

Un altro fattore di rischio è “la poca valorizzazione riconosciuta alla badante”, afferma Marco Trabucchi, psichiatra e presidente dell’Associazione italiana di Psicogeriatria. “Se trattata come una schiava, pagata male e non messa in regola, disprezzerà il suo ruolo e avrà meno rispetto verso l’assistito. La vita dell’anziano è una battaglia continua contro l’aggressività degli anni e la forza per resistere arriva dal rispetto che la persona ha per sé stessa e da quello che gli altri le danno”. La conseguenza di abusi ripetuti è un maggiore rischio di morte anticipata. “L’anziano inerme sprofonda nell’angoscia della solitudine e nella sfiducia del prossimo. Perde ogni speranza, pensando che nessuno gli voglia più bene e rinunciando a poco a poco a vivere”, conclude lo psichiatra.

La prevenzione passa anche per il benessere del caregiver 


Per prevenire il fenomeno degli abusi sugli anziani bisogna innanzitutto salvaguardare il benessere di caregiver, badanti e operatori sanitari. Per Anna Castaldo, coordinatrice del Gruppo sulla prevenzione del maltrattamento dell’anziano della Sigg, “è necessario che possano fruire di percorsi di formazione per essere in grado di gestire lo stress e capire quando è il momento di prendersi una pausa, magari chiedendo aiuto a qualcun altro, senza vergognarsi di farlo. Nei momenti di difficoltà devono poter contare su un supporto psicologico e gruppi di mutuo aiuto”, dichiara. 

Per conoscere se nel proprio territorio sono disponibili servizi di supporto e formazione è opportuno contattare il Comune o l’Asl. Ci sono anche i cosiddetti “ricoveri di sollievo” temporanei in strutture socio assistenziali dedicati alla persona non autosufficiente per alleviare il caregiver e affrontare situazioni critiche.

“Sarebbe utile istituire un numero telefonico nazionale a cui gli anziani vittime di maltrattamento e chiunque sospetti un abuso possano chiamare per chiedere aiuto”, propone Castaldo. Ma per prevenire effettivamente gli abusi è essenziale lavorare sulla mentalità comune. Vedere come un fardello l’anziano che ha perso autonomia porta ad avere atteggiamenti discriminatori nei suoi confronti.

“Invecchiare non è una malattia. Le istituzioni dovrebbero guardare alla longevità come un valore e non un carico economico , facendo in modo che i servizi sanitari non si occupino solo della cura delle malattie ma anche del mantenimento dello stato funzionale degli anziani. Ciò significa assicurare attività riabilitative durante qualsiasi intervento ospedaliero e sul territorio, affinché la persona possa recuperare e conservare il più a lungo possibile l’autonomia nei movimenti e la capacità di svolgere le normali attività quotidiane, come lavarsi, vestirsi, prepararsi da mangiare, fare la spesa” evidenzia Andrea Ungar, direttore della Geriatria dell’ospedale Careggi di Firenze e presidente Sigg.

Progetto Badando


L’obiettivo del “Progetto Badando”, avviato nel 2009 in 5 comuni dell’hinterland bolognese (Casalecchio di Reno, Valsamoggia, Zola Predosa, Monte San Pietro, Sasso Marconi) da Asc Insieme, l’ente pubblico che ne cura i servizi sociali, è sostenere la famiglia nella scelta dell’assistente familiare più idoneo, anche per periodi brevi. Il servizio propone un corso di formazione per caregiver professionali e familiari di 40 ore e ha realizzato un elenco da cui si seleziona per la scelta. Una volta individuata la giusta combinazione la famiglia viene collegata con un’agenzia del lavoro convenzionata che si incaricherà della stipula del contratto e della busta paga. Il rapporto tra caregiver e malato viene controllato da un assistente sociale. Si organizzano anche gruppi di sostegno per caregiver familiari e pazienti e di reciproco aiuto per badanti. Il servizio oggi è stato, in parte, ampliato a tutti i comuni della città metropolitana di Bologna

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