






Bonus anziani: 850 euro cumulativo con l'assegno di accompagnamento, chi ne ha diritto


Un contributo di assistenza mensile di 850 euro si aggiungerà all'indennità di accompagnamento di 531,76 euro, portando il totale a circa 1.380 euro: questa è la "prestazione universale", l'elemento più evidente del primo decreto attuativo che dà concretezza alla riforma sull'assistenza agli anziani in Italia, approvato oggi in Consiglio dei Ministri. La legge quadro, numero 33 del 23 marzo 2023, è stata prescritta dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per rispondere alle gravi lacune italiane nella cura e nell'assistenza agli anziani oltre i 65 anni, sia autosufficienti che non.
I criteri
Al momento, l'attenzione è focalizzata su questa categoria, poiché saranno loro a beneficiare della prestazione universale, ma con criteri decisamente restrittivi e ben definiti: per ora, solo una piccola categoria di circa 25.000 persone già beneficiarie dell'indennità di accompagnamento, non autosufficienti, di almeno 80 anni e con un bisogno di assistenza "gravissimo" potrà accedervi. È importante sottolineare che devono avere un Isee non superiore a 6.000 euro.
La fase sperimentale della misura, che mira a sostenere l'assistenza a casa degli anziani estremamente fragili, inizierà solo nel gennaio 2025 e terminerà nel dicembre 2026. Durante questi due anni, se il budget di 500 milioni (250 milioni all'anno per la fase sperimentale) recuperato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dopo un confronto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze sarà quasi esaurito, le condizioni per accedere ai benefici potrebbero essere ulteriormente limitate.
Inoltre, l'assegno di 850 euro sarà revocato (ma l'indennità di accompagnamento rimarrà comunque) se non verrà speso, come previsto dal decreto, per retribuire il lavoro di cura e assistenza svolto dalle badanti o per acquistare l'assistenza da imprese di servizi. La prestazione universale, così come ridisegnata dal decreto, ha già suscitato perplessità per i suoi criteri restrittivi, portando a osservazioni critiche da parte delle Regioni, delle associazioni e delle commissioni parlamentari, nonostante abbiano approvato il decreto sugli anziani nel suo complesso. In particolare, il provvedimento ridimensiona i requisiti stabiliti dalla legge 33, che non fissava criteri precisi né in termini di età né in termini di Isee.
Problemi legati all'età
Un'altra controversia riguarda l'età minima di 70 anni per accedere a tutti i servizi sanitari e sociosanitari successivi alla valutazione multidimensionale degli anziani presso i Punti Unici di Accesso (Pua), previsti dal Pnrr. Nonostante il decreto stabilisca a 65 anni l'inizio della vecchiaia, aumentando l'età per i servizi sociali, sanitari, sociosanitari e le cure palliative a 70 anni, esiste il rischio di escludere una categoria di persone tra i 65 e i 69 anni dai Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) e dai Leps (Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali).
Promesse e realtà delle risorse
Il governo ha annunciato un bilancio di oltre un miliardo di euro per avviare la riforma, ammettendo però che queste risorse rappresentano solo un primo passo. Tuttavia, i finanziamenti freschi provengono solo dal Pnrr (Missioni 5 e 6), mentre per il personale supplementare necessario verranno stanziati 250 milioni nel 2025 e 350 milioni a partire dal 2026 attraverso la legge di bilancio per potenziare l'assistenza territoriale. I 500 milioni destinati alla prestazione universale saranno ottenuti da fondi e programmi già attivi: 150 milioni dal Fondo per le non autosufficienze, 250 milioni dal Programma Nazionale "Inclusione e lotta alla povertà 2021-2027" e 100 milioni dalla Missione 5 del Pnrr.
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