Costume e Società

Alzheimer: a rischio chiusura il centro di ricerca neurogenetica di Lamezia Terme

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13 Febbraio 2020

E’ l’amara denuncia della scienziata calabrese Amalia Bruni, che ha fondato e dirige da 20 anni il Centro regionale di Neurogenetica di Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro, e che nel 1995 ha dato un impulso fondamentale alla ricerca sul morbo di Alzheimer, individuando la ‘presenilina’, il gene più diffuso tra coloro che sono affetti da questo tipo di demenza senile.

Il centro di ricerca calabrese, inaugurato dal Premio Nobel Rita Levi Montalcini, costituiva un presidio d’eccellenza per lo studio della demenza senile e dell’Alzheimer in particolare. Con un archivio che conta 12mila cartelle, 4mila pazienti in carico e 30 nuovi casi che vengono valutati ogni settimana, il centro rappresentava un punto di riferimento della comunità scientifica internazionale, contribuendo alla ricerca con la raccolta di una considerevole quantità di dati, e con pubblicazioni sulle principali riviste scientifiche. Ora il centro rischia di diventare un ambulatorio.

Gestito dall’Associazione per la Ricerca Neurogenetica (ARN), il centro era finanziato a partire dal 2005 da un fondo stabile di 500mila euro l’anno, istituito con legge regionale. Dal 2010 però gli stanziamenti e le erogazioni sono stati ridotti, in seguito al commissariamento della sanità calabrese, ma fino al 2018 il centro è riuscito a proseguire regolarmente l’attività seppure con qualche difficoltà. Per il triennio 2019-2021 però, sono stati destinati all’associazione solo 200mila euro da parte dell’ultima giunta regionale. Purtroppo, però, ad agosto 2019 le risorse erano già esaurite. L’emanazione di nuova legge regionale potrebbe contribuire a risolvere il problema, ma anche in questo caso i tempi per l’approvazione sarebbero troppo lunghi.

I fondi disponibili non erano più sufficienti per coprire i costi per la ricerca e per il personale necessario, costringendo i quattro genetisti del centro ad andarsene. Anche gli altri operatori, tra cui infermieri, assistenti sociali e psicologi, hanno ricevuto le lettere di licenziamento e dal prossimo 1° marzo non saranno più in servizio. Restano solo tre neurologi a mandare avanti con fatica l’attività ambulatoriale, che può essere svolta solo parzialmente, dato che mancano infermieri, tecnici e materiali di laboratorio. Le prenotazioni infatti sono state bloccate e molti dei pazienti rimandati a casa. Tutto questo ha ovviamente comportato una riduzione del livello di assistenza ai malati e alle famiglie, che si sono ora organizzati in un comitato.

Nei giorni scorsi, Amalia Bruni ha scritto una lettera indirizzata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al Ministro della Salute Roberto Speranza, per informarli di quello che sta accadendo e per richiamare l’attenzione sul fatto che le risorse destinate a coprire le spese del centro di ricerca sono stati garantiti da un fondo istituito con una legge regionale mai abrogata. Inoltre, nelle intenzioni originarie, per favorire la continuità della ricerca sulle malattie neurodegenerative, la struttura avrebbe dovuto essere dotata di una pianta organica a tempo indeterminato, cosa che non è mai avvenuta.

«Ora i nostri studi sulla conoscenza della geografia delle malattie ereditarie trovano ostacoli che non ci permettono più di continuare nella ricerca — conclude Amalia Bruni – proprio mentre negli Stati Uniti si procede con protocolli speciali su soggetti portatori della mutazione genetica. Negli Usa lo sanno che i farmaci sono alle porte, e la ricerca continua. Qui si interrompe, negando ai pazienti anche la speranza».


E’ l’amara denuncia della scienziata calabrese Amalia Bruni, che ha fondato e dirige da 20 anni il Centro regionale di Neurogenetica di Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro, e che nel 1995 ha dato un impulso fondamentale alla ricerca sul morbo di Alzheimer, individuando la ‘presenilina’, il gene più diffuso tra coloro che sono affetti da questo tipo di demenza senile.

Il centro di ricerca calabrese, inaugurato dal Premio Nobel Rita Levi Montalcini, costituiva un presidio d’eccellenza per lo studio della demenza senile e dell’Alzheimer in particolare. Con un archivio che conta 12mila cartelle, 4mila pazienti in carico e 30 nuovi casi che vengono valutati ogni settimana, il centro rappresentava un punto di riferimento della comunità scientifica internazionale, contribuendo alla ricerca con la raccolta di una considerevole quantità di dati, e con pubblicazioni sulle principali riviste scientifiche. Ora il centro rischia di diventare un ambulatorio.

Gestito dall’Associazione per la Ricerca Neurogenetica (ARN), il centro era finanziato a partire dal 2005 da un fondo stabile di 500mila euro l’anno, istituito con legge regionale. Dal 2010 però gli stanziamenti e le erogazioni sono stati ridotti, in seguito al commissariamento della sanità calabrese, ma fino al 2018 il centro è riuscito a proseguire regolarmente l’attività seppure con qualche difficoltà. Per il triennio 2019-2021 però, sono stati destinati all’associazione solo 200mila euro da parte dell’ultima giunta regionale. Purtroppo, però, ad agosto 2019 le risorse erano già esaurite. L’emanazione di nuova legge regionale potrebbe contribuire a risolvere il problema, ma anche in questo caso i tempi per l’approvazione sarebbero troppo lunghi.

I fondi disponibili non erano più sufficienti per coprire i costi per la ricerca e per il personale necessario, costringendo i quattro genetisti del centro ad andarsene. Anche gli altri operatori, tra cui infermieri, assistenti sociali e psicologi, hanno ricevuto le lettere di licenziamento e dal prossimo 1° marzo non saranno più in servizio. Restano solo tre neurologi a mandare avanti con fatica l’attività ambulatoriale, che può essere svolta solo parzialmente, dato che mancano infermieri, tecnici e materiali di laboratorio. Le prenotazioni infatti sono state bloccate e molti dei pazienti rimandati a casa. Tutto questo ha ovviamente comportato una riduzione del livello di assistenza ai malati e alle famiglie, che si sono ora organizzati in un comitato.

Nei giorni scorsi, Amalia Bruni ha scritto una lettera indirizzata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al Ministro della Salute Roberto Speranza, per informarli di quello che sta accadendo e per richiamare l’attenzione sul fatto che le risorse destinate a coprire le spese del centro di ricerca sono stati garantiti da un fondo istituito con una legge regionale mai abrogata. Inoltre, nelle intenzioni originarie, per favorire la continuità della ricerca sulle malattie neurodegenerative, la struttura avrebbe dovuto essere dotata di una pianta organica a tempo indeterminato, cosa che non è mai avvenuta.

«Ora i nostri studi sulla conoscenza della geografia delle malattie ereditarie trovano ostacoli che non ci permettono più di continuare nella ricerca — conclude Amalia Bruni – proprio mentre negli Stati Uniti si procede con protocolli speciali su soggetti portatori della mutazione genetica. Negli Usa lo sanno che i farmaci sono alle porte, e la ricerca continua. Qui si interrompe, negando ai pazienti anche la speranza».

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