Salute e benessere

Cellule cerebrali di maiale rivitalizzate dopo la morte. L’esperimento potrebbe aprire a nuove terapie per le malattie neurodegenerative

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19 Aprile 2019
Nel corso di uno studio condotto dall’Università di Yale, un gruppo di ricercatori è riuscito a riattivare alcune funzioni delle cellule cerebrali provenienti da maiali morti alcune ore prima: un esperimento fino ad oggi ritenuto impossibile. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature e lasciano sperare in nuove possibilità di cura per l’Alzheimer, il Parkinson, l’ictus e altre malattie neurodegenerative, sebbene restino aperte alcune questioni etiche relative alla sperimentazione sull’uomo.
Il team di scienziati coinvolto nella ricerca ha utilizzato 32 cervelli di maiale prelevati da un macello (affinché nessun animale fosse ucciso per condurre l’esperimento) e dopo quattro ore gli organi sono stati collegati ad un dispositivo in grado di pompare al loro interno del sangue sintetico riproducendo il ritmo cardiaco. Nel corso delle sei ore successive i ricercatori hanno potuto osservare un rallentamento della morte cellulare e un parziale ripristino dell’attività dei neuroni, ma chiariscono che non si tratta del ripristino delle funzioni cerebrali superiori, associate alla coscienza, al pensiero e alla percezione.
Finora la comunità scientifica riteneva assodato che dopo la morte, o in seguito a una importante carenza di ossigeno, il cervello dei grandi mammiferi subisse un rapido processo di degenerazione, che conduce inevitabilmente alla morte dei neuroni con conseguenti danni cerebrali irreparabili.  Lo studio condotto dall’Università di Yale sembra invece dimostrare che la morte del cervello avviene in modo meno rapido di quanto si credesse, che alcuni processi degenerativi possono essere posticipati e che alcune funzioni basilari possono essere ripristinate.
I ricercatori ritengono che la sperimentazione sull’uomo sia ancora molto lontana e che sia necessario elaborare un quadro di regolamentazione adeguato. Per ora ulteriori test saranno eseguiti sugli animali. Tuttavia l’esperimento apre alla possibilità di studiare post mortem il cervello di persone affette da malattie neurodegenerative o che abbiano subito traumi, al fine di individuare delle nuove terapie per ridurre i danni neurologici derivanti da tali patologie. 

Nel corso di uno studio condotto dall’Università di Yale, un gruppo di ricercatori è riuscito a riattivare alcune funzioni delle cellule cerebrali provenienti da maiali morti alcune ore prima: un esperimento fino ad oggi ritenuto impossibile. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature e lasciano sperare in nuove possibilità di cura per l’Alzheimer, il Parkinson, l’ictus e altre malattie neurodegenerative, sebbene restino aperte alcune questioni etiche relative alla sperimentazione sull’uomo.
Il team di scienziati coinvolto nella ricerca ha utilizzato 32 cervelli di maiale prelevati da un macello (affinché nessun animale fosse ucciso per condurre l’esperimento) e dopo quattro ore gli organi sono stati collegati ad un dispositivo in grado di pompare al loro interno del sangue sintetico riproducendo il ritmo cardiaco. Nel corso delle sei ore successive i ricercatori hanno potuto osservare un rallentamento della morte cellulare e un parziale ripristino dell’attività dei neuroni, ma chiariscono che non si tratta del ripristino delle funzioni cerebrali superiori, associate alla coscienza, al pensiero e alla percezione.
Finora la comunità scientifica riteneva assodato che dopo la morte, o in seguito a una importante carenza di ossigeno, il cervello dei grandi mammiferi subisse un rapido processo di degenerazione, che conduce inevitabilmente alla morte dei neuroni con conseguenti danni cerebrali irreparabili.  Lo studio condotto dall’Università di Yale sembra invece dimostrare che la morte del cervello avviene in modo meno rapido di quanto si credesse, che alcuni processi degenerativi possono essere posticipati e che alcune funzioni basilari possono essere ripristinate.
I ricercatori ritengono che la sperimentazione sull’uomo sia ancora molto lontana e che sia necessario elaborare un quadro di regolamentazione adeguato. Per ora ulteriori test saranno eseguiti sugli animali. Tuttavia l’esperimento apre alla possibilità di studiare post mortem il cervello di persone affette da malattie neurodegenerative o che abbiano subito traumi, al fine di individuare delle nuove terapie per ridurre i danni neurologici derivanti da tali patologie. 

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