Alzheimer: un neurone bionico per la lotta alla demenza negli anziani

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6 Dicembre 2021

La lotta alla demenza senile, malattia neurodegenerativa che colpisce principalmente la popolazione anziana, rappresenta un importante campo di sperimentazione, dove il contributo di scienziati, medici e studiosi sta permettendo importanti avanzamenti nella ricerca. La cura all’Alzheimer, che rende limitata ed invalidante la vita di molti, è stata sottoposta all’attenzione di esperti da tutto il mondo, che con il loro sapere stanno cercando di sviluppare e sperimentare soluzioni che possano limitarne almeno in parte l’avanzamento.

Una delle più recenti novità in ambito medico è il neurone bionico: i neuroni su chip, ideati grazie anche alla presenza di ricercatori italiani, sono dei veri e propri neuroni artificiali su microchip, che sostituiranno le cellule cerebrali morte permettendo un parziale recupero delle funzioni perse. Le caratteristiche di questo neurone bionico sono state illustrate dettagliatamente in occasione del XVI Congresso Sin-Dem, tenutosi a Firenze dal 25 al 27 novembre scorso: per le sinapsi cerebrali questo strumento fungerà da bypass, un ponte che può ricostruire una comunicazione interrotta o danneggiata tra le cellule del cervello. 

Questa scoperta, implementata sia per la lotta all’Alzheimer che ad altre forme di demenza, è stata sperimentata tramite test su animali: presso le Università di Bath, di Zurigo, di Bristol e di Auckland, sono state svolte ricerche che hanno dimostrato come il neurone artificiale sia capace di subentrare a quello biologico, rispondendo correttamente e adeguatamente alle esigenze del corpo umano, assecondando richieste e stimoli. I Neuroni bionici, così come ha riferito Claude Kanah, docente e ricercatore di informatica e cibernetica “sono già una realtà; oggi i microchip sono quadratini di 5 millimetri quadrati di superficie, e in futuro potranno essere rimpiccioliti fino al diametro di un capello per essere impiantati nel cervello umano. Gli esperimenti condotti hanno finora dimostrato che questi neuroni di silicio si comportano come quelli biologici: rispondono alle variazioni delle correnti elettriche cerebrali, il mezzo con cui dialogano i neuroni, e possono trasmettere informazioni sottoforma di impulsi”.

Grazie all’utilizzo di poca potenza per poter funzione, appena 140 nanoWatt, i neuroni bionici costituiscono un impianto semplice da gestire, perché, come sostengono gli studiosi, “possono sfruttare le piccole correnti generate continuamente e fisiologicamente dai neuroni biologici”; questa entusiasmante scoperta, se pur lontana dall’essere definita una possibile cura, incrementa la speranza di trovare almeno in parte una soluzione che possa limitare il decorso della malattia, e permetterebbe ai tanti malati di demenza di poter mantenere invariate le proprie funzioni cognitive, senza peggioramenti o netti decadimenti.

Le ricerche di metodi di trattamento, prevenzione e contrasto della malattia sono state e continuano ad essere uno degli obiettivi prioritari della scienza: Leonardo Pantoni, Direttore dell’Unità complessa di Neurologia del Sacco di Milano, afferma che “è possibile avere entro cinque-dieci anni non un solo neurone artificiale funzionante, ma perfino reti di neuroni che potranno essere impiantati in aree colpite dalle placche amiloidi dell’Alzheimer, o da altre patologie degenerative”. Sperando in nuove scoperte, si assiste ad oggi al compimento di enormi passi in avanti, in grado di sviluppare un forte senso di ottimismo e fiducia verso il futuro.


La lotta alla demenza senile, malattia neurodegenerativa che colpisce principalmente la popolazione anziana, rappresenta un importante campo di sperimentazione, dove il contributo di scienziati, medici e studiosi sta permettendo importanti avanzamenti nella ricerca. La cura all’Alzheimer, che rende limitata ed invalidante la vita di molti, è stata sottoposta all’attenzione di esperti da tutto il mondo, che con il loro sapere stanno cercando di sviluppare e sperimentare soluzioni che possano limitarne almeno in parte l’avanzamento.

Una delle più recenti novità in ambito medico è il neurone bionico: i neuroni su chip, ideati grazie anche alla presenza di ricercatori italiani, sono dei veri e propri neuroni artificiali su microchip, che sostituiranno le cellule cerebrali morte permettendo un parziale recupero delle funzioni perse. Le caratteristiche di questo neurone bionico sono state illustrate dettagliatamente in occasione del XVI Congresso Sin-Dem, tenutosi a Firenze dal 25 al 27 novembre scorso: per le sinapsi cerebrali questo strumento fungerà da bypass, un ponte che può ricostruire una comunicazione interrotta o danneggiata tra le cellule del cervello. 

Questa scoperta, implementata sia per la lotta all’Alzheimer che ad altre forme di demenza, è stata sperimentata tramite test su animali: presso le Università di Bath, di Zurigo, di Bristol e di Auckland, sono state svolte ricerche che hanno dimostrato come il neurone artificiale sia capace di subentrare a quello biologico, rispondendo correttamente e adeguatamente alle esigenze del corpo umano, assecondando richieste e stimoli. I Neuroni bionici, così come ha riferito Claude Kanah, docente e ricercatore di informatica e cibernetica “sono già una realtà; oggi i microchip sono quadratini di 5 millimetri quadrati di superficie, e in futuro potranno essere rimpiccioliti fino al diametro di un capello per essere impiantati nel cervello umano. Gli esperimenti condotti hanno finora dimostrato che questi neuroni di silicio si comportano come quelli biologici: rispondono alle variazioni delle correnti elettriche cerebrali, il mezzo con cui dialogano i neuroni, e possono trasmettere informazioni sottoforma di impulsi”.

Grazie all’utilizzo di poca potenza per poter funzione, appena 140 nanoWatt, i neuroni bionici costituiscono un impianto semplice da gestire, perché, come sostengono gli studiosi, “possono sfruttare le piccole correnti generate continuamente e fisiologicamente dai neuroni biologici”; questa entusiasmante scoperta, se pur lontana dall’essere definita una possibile cura, incrementa la speranza di trovare almeno in parte una soluzione che possa limitare il decorso della malattia, e permetterebbe ai tanti malati di demenza di poter mantenere invariate le proprie funzioni cognitive, senza peggioramenti o netti decadimenti.

Le ricerche di metodi di trattamento, prevenzione e contrasto della malattia sono state e continuano ad essere uno degli obiettivi prioritari della scienza: Leonardo Pantoni, Direttore dell’Unità complessa di Neurologia del Sacco di Milano, afferma che “è possibile avere entro cinque-dieci anni non un solo neurone artificiale funzionante, ma perfino reti di neuroni che potranno essere impiantati in aree colpite dalle placche amiloidi dell’Alzheimer, o da altre patologie degenerative”. Sperando in nuove scoperte, si assiste ad oggi al compimento di enormi passi in avanti, in grado di sviluppare un forte senso di ottimismo e fiducia verso il futuro.

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