Salute e benessere

Alzheimer: dagli Usa un nuovo test per individuare il rischio di sviluppare la malattia

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5 Agosto 2019
Secondo un recente articolo comparso sulla rivista Neurology, un team di ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis, avrebbe messo a punto un nuovo test in grado di predire lo sviluppo del morbo di Alzheimer fino a 20 anni prima della comparsa dei sintomi. Attraverso un prelievo di sangue, il nuovo esame potrà indicare il rischio di sviluppare la malattia con un’accuratezza del 94%. 
Il test misura la concentrazione nel sangue della proteina beta amiloide, che tende ad accumularsi nel cervello dei malati di Alzheimer ed è ritenuta la principale causa della malattia. La ricerca ha coinvolto 158 persone di età superiore a 50 anni e ha evidenziato nel 88% dei casi una correlazione tra la concentrazione di beta amiloide nel sangue e la presenza di depositi della stessa proteina nel cervello (individuata tramite la PET dell’encefalo). Questo dato è stato poi incrociato con altri due fattori di rischio per l’Alzheimer: l’età del paziente e la presenza nel suo DNA del gene ‘apoe4’, che aumenta del 25% il rischio di contrarre il morbo.
Non si tratta di una vera e propria diagnosi precoce - perché al momento del test la persona potrebbe non presentare alcun sintomo - ma piuttosto della possibilità di predire il rischio di ammalarsi con una precisione molto alta e con largo anticipo, cioè prima che la beta amiloide si depositi nel cervello e  i processi neurodegenerativi abbiano inizio. Ad oggi infatti le terapie sperimentate su chi già presenta i sintomi tipici dell’Alzheimer (demenza e perdita di memoria) si sono dimostrate inefficaci, mentre un test di questo tipo potrebbe aprire la strada a nuove cure sperimentali, volte a bloccare l’evoluzione della malattia nella sua lunga fase di ‘incubazione’, cioè prima che la beta amiloide si accumuli nel cervello.
Attualmente per diagnosticare il morbo di Alzheimer si utilizza la PET, un esame complesso e costoso, solitamente impiegato per individuare i segni della malattia su chi già presenta alcuni sintomi. Il nuovo test invece avrebbe un costo molto più sostenibile e potrebbe essere utilizzato anche per gli studi sperimentali.
L’esame non sarà disponibile in Italia nel breve periodo, ma potrebbe rappresentare un significativo passo avanti nella lotta contro il morbo di Alzheimer, una malattia per cui ad oggi non esiste nessuna cura e che colpisce circa il 40% degli anziani di età compresa fra 85 e 90 anni.

Secondo un recente articolo comparso sulla rivista Neurology, un team di ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis, avrebbe messo a punto un nuovo test in grado di predire lo sviluppo del morbo di Alzheimer fino a 20 anni prima della comparsa dei sintomi. Attraverso un prelievo di sangue, il nuovo esame potrà indicare il rischio di sviluppare la malattia con un’accuratezza del 94%. 
Il test misura la concentrazione nel sangue della proteina beta amiloide, che tende ad accumularsi nel cervello dei malati di Alzheimer ed è ritenuta la principale causa della malattia. La ricerca ha coinvolto 158 persone di età superiore a 50 anni e ha evidenziato nel 88% dei casi una correlazione tra la concentrazione di beta amiloide nel sangue e la presenza di depositi della stessa proteina nel cervello (individuata tramite la PET dell’encefalo). Questo dato è stato poi incrociato con altri due fattori di rischio per l’Alzheimer: l’età del paziente e la presenza nel suo DNA del gene ‘apoe4’, che aumenta del 25% il rischio di contrarre il morbo.
Non si tratta di una vera e propria diagnosi precoce - perché al momento del test la persona potrebbe non presentare alcun sintomo - ma piuttosto della possibilità di predire il rischio di ammalarsi con una precisione molto alta e con largo anticipo, cioè prima che la beta amiloide si depositi nel cervello e  i processi neurodegenerativi abbiano inizio. Ad oggi infatti le terapie sperimentate su chi già presenta i sintomi tipici dell’Alzheimer (demenza e perdita di memoria) si sono dimostrate inefficaci, mentre un test di questo tipo potrebbe aprire la strada a nuove cure sperimentali, volte a bloccare l’evoluzione della malattia nella sua lunga fase di ‘incubazione’, cioè prima che la beta amiloide si accumuli nel cervello.
Attualmente per diagnosticare il morbo di Alzheimer si utilizza la PET, un esame complesso e costoso, solitamente impiegato per individuare i segni della malattia su chi già presenta alcuni sintomi. Il nuovo test invece avrebbe un costo molto più sostenibile e potrebbe essere utilizzato anche per gli studi sperimentali.
L’esame non sarà disponibile in Italia nel breve periodo, ma potrebbe rappresentare un significativo passo avanti nella lotta contro il morbo di Alzheimer, una malattia per cui ad oggi non esiste nessuna cura e che colpisce circa il 40% degli anziani di età compresa fra 85 e 90 anni.

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