Salute e benessere

La telemedicina come soluzione per supportare gli anziani con demenza e i loro caregiver

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14 Luglio 2022

Secondo l'ultima indagine Censis-Aima, il 40% di coloro che si prendono cura dei propri cari con Alzheimer sono in età lavorativa e hanno bisogno di conciliare la propria vita professionale con le attività di cura. In media, dedicano 15 ore al giorno alla cura dei propri cari affetti da demenza. In Italia il rapporto tra anziani e caregiver tende solo ad aumentare. Secondo le proiezioni demografiche, nel 2051 ci saranno 280 anziani ogni 100 giovani, in un trend di aumento delle malattie croniche legate all'invecchiamento. Tra le mura di casa, sono loro, i caregiver, circa 3 milioni, spesso ignorati, i pilastri dell'assistenza 24 ore su 24 per i propri familiari che necessitano di attenzioni.

Per Marco Trabucchi, presidente dell'Associazione Italiana di Psicogeriatria, "la tecnologia può essere una parte della risposta, può essere al loro fianco nella vita quotidiana". Cioè, la telemedicina può supportare i caregiver nella loro missione di prendersi cura dei loro parenti più anziani. È in quest'ottica che Careapt, start-up del gruppo Zambon, ha appena lanciato una soluzione di teleassistenza e teleriabilitazione denominata DemedyaCare. “Made in Italy”, DemedyaCare è dedicato esclusivamente ai caregiver di persone con demenza e la sua missione è rendere il lavoro del caregiver meno stressante e più efficace, coinvolgendo e stimolando i malati in attività che ne attivino le capacità residue.

La soluzione è stata sviluppata da un team multidisciplinare che ha coinvolto neurologi, geriatri, psicologi, terapisti occupazionali e infermieri ed è stata testata da 50 pazienti in 12 mesi. L'obiettivo, secondo il direttore generale di Careapt, Orientina Di Giovanni, “è di portare a domicilio una competenza sanitaria di provata efficacia nella cura delle demenze: la terapia occupazionale, per trasformare in una risorsa terapeutica proprio le attività di assistenza alle persone malate, adattandole ai bisogni e alle capacità del paziente e del caregiver. Grazie a una piattaforma digitale di patient relationship management, che integra un protocollo di valutazione strutturato e corredato da scale cliniche e questionari validati a supporto dell'appropriatezza clinica in telemedicina, è possibile raggiungere in sicurezza queste famiglie e con la continuità necessaria a rendere gli interventi efficaci e di reale impatto sulla qualità di vita".

In un anno, i risultati dei test effettuati hanno dimostrato che “il 100% dei caregiver ha dichiarato efficaci gli interventi effettuati non solo in termini di semplificazione del lavoro di cura e di stimolazione dei loro cari malati, ma anche di condivisione del carico emotivo", prosegue Di Giovanni. 

DemedyaCare funziona così: al primo accesso al servizio, ad ogni famiglia viene affidato un care manager occupazionale dedicato. Questa persona sarà accessibile telefonicamente e tramite videochiamata tutti i giorni della settimana dalle 9 alle 18. Nelle retrovie, un team multidisciplinare formato da infermieri, psicologi e terapisti occupazionali, coordinato da un geriatra specializzato in varie forme di demenza.

Il care manager ha il compito di accompagnare il paziente in un percorso di valutazione multidimensionale, dove vengono valutati i deficit cognitivi, la salute somatica e anche le sue capacità preservate. Nel frattempo, al caregiver sono dedicate sessioni specifiche per valutarne sia le sue competenze che il suo livello di burnout. Al termine di questo percorso si individuano le priorità assistenziali e si predispone un piano di teleriabilitazione occupazionale personalizzato, unitamente ad un piano di teleassistenza infermieristica che mira a ridurre il rischio di fragilità.

DemedyaCare si rivolge sia ai caregiver formali (assistenti personali) sia ai caregiver informali (familiari, amici, vicini di casa) che si prendono cura di persone con demenza, che oggi, in Italia, sono più di un milione, di cui circa 600.000 sono malati di Alzheimer. Per quei caregiver che hanno la necessità di coniugare la cura dei propri parenti anziani con l'attività professionale, il tema di una cura più efficace incentrata sui malati viene unito anche con il rischio di burnout e con il ruolo di “alleggerimento” che un adeguato welfare aziendale può svolgere. Sempre secondo l'indagine Censis-Aima, il 59% dei caregiver che lavorano segnala cambiamenti nella propria attività professionale, principalmente a causa di assenze ripetute dovute alla conciliazione tra cura e lavoro. Gli specialisti sottolineano quanto sia essenziale un nuovo modello di supporto per queste persone.

"Da un punto di vista clinico, l'obiettivo è sempre il paziente”, sottolinea Trabucchi, che è pure direttore scientifico del Gruppo di ricerca geriatrica di Brescia. “Ma nelle demenze chi assiste i cari malati rischia di diventare a sua volta un paziente, se non si progettano interventi disegnati sui bisogni di entrambi. Il domicilio rimane la dimensione elettiva degli interventi occupazionali e la più sguarnita dal punto di vista delle politiche sanitarie pubbliche. Proprio per questo un programma di teleriabilitazione occupazionale finanziato con le risorse del welfare aziendale potrebbe rivelarsi sinergico rispetto alle politiche pubbliche e di grande impatto sulla vita di queste persone".

Secondo l'ultima indagine Censis-Aima, il 40% di coloro che si prendono cura dei propri cari con Alzheimer sono in età lavorativa e hanno bisogno di conciliare la propria vita professionale con le attività di cura. In media, dedicano 15 ore al giorno alla cura dei propri cari affetti da demenza. In Italia il rapporto tra anziani e caregiver tende solo ad aumentare. Secondo le proiezioni demografiche, nel 2051 ci saranno 280 anziani ogni 100 giovani, in un trend di aumento delle malattie croniche legate all'invecchiamento. Tra le mura di casa, sono loro, i caregiver, circa 3 milioni, spesso ignorati, i pilastri dell'assistenza 24 ore su 24 per i propri familiari che necessitano di attenzioni.

Per Marco Trabucchi, presidente dell'Associazione Italiana di Psicogeriatria, "la tecnologia può essere una parte della risposta, può essere al loro fianco nella vita quotidiana". Cioè, la telemedicina può supportare i caregiver nella loro missione di prendersi cura dei loro parenti più anziani. È in quest'ottica che Careapt, start-up del gruppo Zambon, ha appena lanciato una soluzione di teleassistenza e teleriabilitazione denominata DemedyaCare. “Made in Italy”, DemedyaCare è dedicato esclusivamente ai caregiver di persone con demenza e la sua missione è rendere il lavoro del caregiver meno stressante e più efficace, coinvolgendo e stimolando i malati in attività che ne attivino le capacità residue.

La soluzione è stata sviluppata da un team multidisciplinare che ha coinvolto neurologi, geriatri, psicologi, terapisti occupazionali e infermieri ed è stata testata da 50 pazienti in 12 mesi. L'obiettivo, secondo il direttore generale di Careapt, Orientina Di Giovanni, “è di portare a domicilio una competenza sanitaria di provata efficacia nella cura delle demenze: la terapia occupazionale, per trasformare in una risorsa terapeutica proprio le attività di assistenza alle persone malate, adattandole ai bisogni e alle capacità del paziente e del caregiver. Grazie a una piattaforma digitale di patient relationship management, che integra un protocollo di valutazione strutturato e corredato da scale cliniche e questionari validati a supporto dell'appropriatezza clinica in telemedicina, è possibile raggiungere in sicurezza queste famiglie e con la continuità necessaria a rendere gli interventi efficaci e di reale impatto sulla qualità di vita".

In un anno, i risultati dei test effettuati hanno dimostrato che “il 100% dei caregiver ha dichiarato efficaci gli interventi effettuati non solo in termini di semplificazione del lavoro di cura e di stimolazione dei loro cari malati, ma anche di condivisione del carico emotivo", prosegue Di Giovanni. 

DemedyaCare funziona così: al primo accesso al servizio, ad ogni famiglia viene affidato un care manager occupazionale dedicato. Questa persona sarà accessibile telefonicamente e tramite videochiamata tutti i giorni della settimana dalle 9 alle 18. Nelle retrovie, un team multidisciplinare formato da infermieri, psicologi e terapisti occupazionali, coordinato da un geriatra specializzato in varie forme di demenza.

Il care manager ha il compito di accompagnare il paziente in un percorso di valutazione multidimensionale, dove vengono valutati i deficit cognitivi, la salute somatica e anche le sue capacità preservate. Nel frattempo, al caregiver sono dedicate sessioni specifiche per valutarne sia le sue competenze che il suo livello di burnout. Al termine di questo percorso si individuano le priorità assistenziali e si predispone un piano di teleriabilitazione occupazionale personalizzato, unitamente ad un piano di teleassistenza infermieristica che mira a ridurre il rischio di fragilità.

DemedyaCare si rivolge sia ai caregiver formali (assistenti personali) sia ai caregiver informali (familiari, amici, vicini di casa) che si prendono cura di persone con demenza, che oggi, in Italia, sono più di un milione, di cui circa 600.000 sono malati di Alzheimer. Per quei caregiver che hanno la necessità di coniugare la cura dei propri parenti anziani con l'attività professionale, il tema di una cura più efficace incentrata sui malati viene unito anche con il rischio di burnout e con il ruolo di “alleggerimento” che un adeguato welfare aziendale può svolgere. Sempre secondo l'indagine Censis-Aima, il 59% dei caregiver che lavorano segnala cambiamenti nella propria attività professionale, principalmente a causa di assenze ripetute dovute alla conciliazione tra cura e lavoro. Gli specialisti sottolineano quanto sia essenziale un nuovo modello di supporto per queste persone.

"Da un punto di vista clinico, l'obiettivo è sempre il paziente”, sottolinea Trabucchi, che è pure direttore scientifico del Gruppo di ricerca geriatrica di Brescia. “Ma nelle demenze chi assiste i cari malati rischia di diventare a sua volta un paziente, se non si progettano interventi disegnati sui bisogni di entrambi. Il domicilio rimane la dimensione elettiva degli interventi occupazionali e la più sguarnita dal punto di vista delle politiche sanitarie pubbliche. Proprio per questo un programma di teleriabilitazione occupazionale finanziato con le risorse del welfare aziendale potrebbe rivelarsi sinergico rispetto alle politiche pubbliche e di grande impatto sulla vita di queste persone".

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