Salute e benessere

In Italia sono 300milla i colpiti dal Parkinson

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18 Ottobre 2023

Il Parkinson è una condizione caratterizzata da tremori a riposo, rigidità, instabilità posturale, lentezza nei movimenti automatici, depressione e lentezza nel parlare. È una malattia del movimento derivante dalla degenerazione di una zona molto specifica del cervello, conosciuta come substantia nigra, che produce dopamina e svolge un ruolo fondamentale nel coordinamento motorio. Durante il 62º Congresso Nazionale delle Scienze Neurologiche Ospedaliere, svoltosi a Firenze dal 27 al 30 settembre, il Dott. Giuseppe Frazzitta, responsabile del Gruppo di Neuroriabilitazione della Società delle Neuroscienze Ospedaliere (SNO), ha fornito informazioni preziose su questa condizione.

In confronto ad altre malattie degenerative, come l'Alzheimer, il Parkinson è molto comune. Tuttavia, il Dr. Frazzitta sottolinea che è inappropriato paragonare l'Alzheimer e il Parkinson, poiché influiscono su parti diverse del cervello. Mentre l'Alzheimer colpisce il livello corticale, il Parkinson è strettamente legato alla substantia nigra. Attualmente, circa 300.000 pazienti in Italia convivono con il Parkinson, un numero che è cresciuto negli ultimi tre decenni.

Ci sono due motivi per questo aumento. In primo luogo, l'invecchiamento della popolazione ha aumentato la probabilità di sviluppare la malattia. In secondo luogo, c'è stato un aumento nelle diagnosi. Fino agli anni '70 e '80, l'insorgere di un leggero tremore o una diminuzione della mobilità in una persona anziana veniva considerato una parte normale dell'invecchiamento, e spesso in passato la malattia non veniva diagnosticata. Attualmente, il numero totale dei pazienti sta aumentando, anche se la situazione complessiva rimane stabile", spiega il Dott. Frazzitta spiega. 

Sebbene il Parkinson colpisca principalmente gli anziani, non è esclusivamente una malattia della terza età. Il Dott.. Frazzitta sottolinea che storicamente, il Parkinson è stato documentato per la prima volta a Londra nel 1817, quando l'aspettativa di vita era solo di 39 anni. Sebbene l'esordio della malattia avvenga generalmente tra i 45 e i 55 anni, la longevità del paziente fa sì che la maggior parte dei pazienti affetti raggiunga l'età avanzata. Ciò ha portato molte persone a associare erroneamente il Parkinson agli anziani.

I primi segnali di allarme del Parkinson sono spesso legati a problemi di movimento. Il Dott. Frazzitta osserva che nel 50% dei casi i pazienti possono sviluppare un leggero tremore. Tuttavia, è più comune che siano i familiari dei pazienti a notare la diminuzione della velocità nei movimenti o un trascinamento del piede. Molto spesso, i pazienti non si accorgono di questi cambiamenti perché avvengono gradualmente e hanno un impatto minimo sulla loro salute generale.

Si ritiene che il Parkinson abbia un'origine multifattoriale, coinvolgendo fattori genetici e ambientali. Il principale fattore di rischio identificato è lo stress, che sembra essere presente in tutti i pazienti con Parkinson durante l'insorgere dei sintomi. La predisposizione genetica gioca anche un ruolo, ma è un fattore comune a molte malattie.

Altri fattori di rischio includono l'esposizione a tossine esogene, come pesticidi, metalli e prodotti chimici industriali, nonché lo stile di vita, tra cui dieta e fumo. Il Dott. Frazzitta sottolinea che, sebbene alcuni fattori, come i pesticidi e alcune droghe, possano aumentare il rischio di danni alla substantia nigra, ciò da solo non è sufficiente per causare la malattia.

Attualmente, non esiste una cura per il Parkinson, ma ci sono trattamenti disponibili per controllare i sintomi. Tuttavia, non esiste una terapia preventiva per diagnosticare la malattia nelle fasi iniziali. Quando i sintomi iniziano a manifestarsi, circa il 70% della substantia nigra è già stata distrutta. Le ricerche più recenti sugli anticorpi monoclonali diretti contro proteine come l'alfa-sinucleina, erroneamente associata alla malattia, non hanno dimostrato capacità di modificare la progressione dei sintomi.

Sebbene non ci sia un trattamento che inverta la condizione, l'attività fisica personalizzata ha dimostrato di essere efficace nel controllo del Parkinson. Un protocollo chiamato MIRT (Trattamento di Riabilitazione Intensiva Multidisciplinare), che adotta un approccio multidisciplinare per i pazienti affetti da malattia di Parkinson, ha dimostrato di essere efficace nel rallentare la progressione dei sintomi motori, migliorando l'autonomia personale e la qualità della vita dei pazienti. "Abbiamo dimostrato che un approccio multidisciplinare, che coinvolge diverse discipline, tra cui fisioterapia, logopedia e neurologia, rallenta la progressione dei sintomi, sia nelle fasi iniziali che in quelle intermedie della malattia", ha dicchiarato ill Dott. Frazzitta.

Fino agli anni '70 si riteneva che il cervello, una volta sviluppato, non potesse più essere modificato. Tuttavia, studi recenti hanno confermato il contrario. La riabilitazione del movimento è essenziale, e il protocollo MIRT dimostra che un'ora di fisioterapia al giorno può interrompere la progressione dei sintomi. Questo metodo, sviluppato nel 2000 e testato su circa 2.000 pazienti, è stato ampiamente adottato, anche in luoghi come la Cina e Tel Aviv. È basandosi su questo approccio che vengono elaborate le linee guida della Società Internazionale di Parkinson e Disturbi del Movimento per il trattamento multidisciplinare dei pazienti e la creazione di centri specializzati nel trattamento del Parkinson.

Attualmente, in Italia la maggior parte dei Centri Parkinson è costituita solo da neurologi che prescrivono farmaci. Tuttavia, l'obiettivo è implementare Centri MIRT in tutte le regioni del paese, in cui i pazienti possono accedere a una vasta gamma di professionisti della salute, oltre ai neurologi. Purtroppo, il lancio di questi centri è coinciso con l'inizio della pandemia, rendendo più difficile il progresso.


Il Parkinson è una condizione caratterizzata da tremori a riposo, rigidità, instabilità posturale, lentezza nei movimenti automatici, depressione e lentezza nel parlare. È una malattia del movimento derivante dalla degenerazione di una zona molto specifica del cervello, conosciuta come substantia nigra, che produce dopamina e svolge un ruolo fondamentale nel coordinamento motorio. Durante il 62º Congresso Nazionale delle Scienze Neurologiche Ospedaliere, svoltosi a Firenze dal 27 al 30 settembre, il Dott. Giuseppe Frazzitta, responsabile del Gruppo di Neuroriabilitazione della Società delle Neuroscienze Ospedaliere (SNO), ha fornito informazioni preziose su questa condizione.

In confronto ad altre malattie degenerative, come l'Alzheimer, il Parkinson è molto comune. Tuttavia, il Dr. Frazzitta sottolinea che è inappropriato paragonare l'Alzheimer e il Parkinson, poiché influiscono su parti diverse del cervello. Mentre l'Alzheimer colpisce il livello corticale, il Parkinson è strettamente legato alla substantia nigra. Attualmente, circa 300.000 pazienti in Italia convivono con il Parkinson, un numero che è cresciuto negli ultimi tre decenni.

Ci sono due motivi per questo aumento. In primo luogo, l'invecchiamento della popolazione ha aumentato la probabilità di sviluppare la malattia. In secondo luogo, c'è stato un aumento nelle diagnosi. Fino agli anni '70 e '80, l'insorgere di un leggero tremore o una diminuzione della mobilità in una persona anziana veniva considerato una parte normale dell'invecchiamento, e spesso in passato la malattia non veniva diagnosticata. Attualmente, il numero totale dei pazienti sta aumentando, anche se la situazione complessiva rimane stabile", spiega il Dott. Frazzitta spiega. 

Sebbene il Parkinson colpisca principalmente gli anziani, non è esclusivamente una malattia della terza età. Il Dott.. Frazzitta sottolinea che storicamente, il Parkinson è stato documentato per la prima volta a Londra nel 1817, quando l'aspettativa di vita era solo di 39 anni. Sebbene l'esordio della malattia avvenga generalmente tra i 45 e i 55 anni, la longevità del paziente fa sì che la maggior parte dei pazienti affetti raggiunga l'età avanzata. Ciò ha portato molte persone a associare erroneamente il Parkinson agli anziani.

I primi segnali di allarme del Parkinson sono spesso legati a problemi di movimento. Il Dott. Frazzitta osserva che nel 50% dei casi i pazienti possono sviluppare un leggero tremore. Tuttavia, è più comune che siano i familiari dei pazienti a notare la diminuzione della velocità nei movimenti o un trascinamento del piede. Molto spesso, i pazienti non si accorgono di questi cambiamenti perché avvengono gradualmente e hanno un impatto minimo sulla loro salute generale.

Si ritiene che il Parkinson abbia un'origine multifattoriale, coinvolgendo fattori genetici e ambientali. Il principale fattore di rischio identificato è lo stress, che sembra essere presente in tutti i pazienti con Parkinson durante l'insorgere dei sintomi. La predisposizione genetica gioca anche un ruolo, ma è un fattore comune a molte malattie.

Altri fattori di rischio includono l'esposizione a tossine esogene, come pesticidi, metalli e prodotti chimici industriali, nonché lo stile di vita, tra cui dieta e fumo. Il Dott. Frazzitta sottolinea che, sebbene alcuni fattori, come i pesticidi e alcune droghe, possano aumentare il rischio di danni alla substantia nigra, ciò da solo non è sufficiente per causare la malattia.

Attualmente, non esiste una cura per il Parkinson, ma ci sono trattamenti disponibili per controllare i sintomi. Tuttavia, non esiste una terapia preventiva per diagnosticare la malattia nelle fasi iniziali. Quando i sintomi iniziano a manifestarsi, circa il 70% della substantia nigra è già stata distrutta. Le ricerche più recenti sugli anticorpi monoclonali diretti contro proteine come l'alfa-sinucleina, erroneamente associata alla malattia, non hanno dimostrato capacità di modificare la progressione dei sintomi.

Sebbene non ci sia un trattamento che inverta la condizione, l'attività fisica personalizzata ha dimostrato di essere efficace nel controllo del Parkinson. Un protocollo chiamato MIRT (Trattamento di Riabilitazione Intensiva Multidisciplinare), che adotta un approccio multidisciplinare per i pazienti affetti da malattia di Parkinson, ha dimostrato di essere efficace nel rallentare la progressione dei sintomi motori, migliorando l'autonomia personale e la qualità della vita dei pazienti. "Abbiamo dimostrato che un approccio multidisciplinare, che coinvolge diverse discipline, tra cui fisioterapia, logopedia e neurologia, rallenta la progressione dei sintomi, sia nelle fasi iniziali che in quelle intermedie della malattia", ha dicchiarato ill Dott. Frazzitta.

Fino agli anni '70 si riteneva che il cervello, una volta sviluppato, non potesse più essere modificato. Tuttavia, studi recenti hanno confermato il contrario. La riabilitazione del movimento è essenziale, e il protocollo MIRT dimostra che un'ora di fisioterapia al giorno può interrompere la progressione dei sintomi. Questo metodo, sviluppato nel 2000 e testato su circa 2.000 pazienti, è stato ampiamente adottato, anche in luoghi come la Cina e Tel Aviv. È basandosi su questo approccio che vengono elaborate le linee guida della Società Internazionale di Parkinson e Disturbi del Movimento per il trattamento multidisciplinare dei pazienti e la creazione di centri specializzati nel trattamento del Parkinson.

Attualmente, in Italia la maggior parte dei Centri Parkinson è costituita solo da neurologi che prescrivono farmaci. Tuttavia, l'obiettivo è implementare Centri MIRT in tutte le regioni del paese, in cui i pazienti possono accedere a una vasta gamma di professionisti della salute, oltre ai neurologi. Purtroppo, il lancio di questi centri è coinciso con l'inizio della pandemia, rendendo più difficile il progresso.

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