Costume e Società

Artisti a Progetto: il teatro per realizzare inclusione e community building nelle RSA

11 Ottobre 2022

Fin dai tempi più antichi il teatro costituisce uno dei mezzi più potenti per rappresentare le multiformi passioni che caratterizzano la condizione umana. Forma d’arte inclusiva per eccellenza, lo spettacolo dal vivo può dare corpo alle emozioni più intense ed è spesso in grado di far scaturire importanti riflessioni sui temi cruciali della società contemporanea

La percezione dell’invecchiamento, la denuncia dello stigma sociale di fronte al declino psicofisico e, in particolare modo, la piena valorizzazione dei desideri che le persone anziane continuano a coltivare nonostante l’avanzare degli anni sono solo alcuni dei temi portati sotto i riflettori nello spettacolo teatrale ‘Acapulco’, scritto e diretto da Mila Vanzini e Mele Ferrarini, attori della compagnia teatrale Artisti a Progetto e messo in scena lo scorso 23 luglio, dopo oltre 20 repliche, presso la Residenza Anni Azzurri San Giuseppe di San Benedetto del Tronto, grazie al supporto della Prof.ssa Francesca Morganti del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università degli Studi di Bergamo.

La storia rappresentata di fronte al pubblico di ospiti della RSA San Giuseppe racconta la vicenda di Nilla, una donna anziana inserita suo malgrado in una casa di riposo, che coltiva nel suo cuore il desiderio di realizzare il viaggio dei suoi sogni ad Acapulco prima che sia troppo tardi. Una storia che, sul confine tra l’amarezza e l’ironia, ha dato forma tangibile sulla scena a molte delle emozioni che albergano nell’anima degli anziani ospiti della struttura. 

Abbiamo avuto il piacere di incontrare il team di lavoro che ha curato la realizzazione di questo importante progetto, e che ci ha dato la possibilità di approfondire, nell’intervista che segue, la genesi artistica dello spettacolo e il contributo socioculturale che iniziative come questa possono apportare al dibattito sul progressivo invecchiamento della popolazione del nostro Paese, in particolar modo sull’opportunità che gli anziani possano conservare spazi di autodeterminazione anche quando si trovano ad affrontare patologie che comportano declino cognitivo nelle sue varie manifestazioni.

Acapulco: le persone anziane hanno ancora voglia di sognare


L’associazione Artisti a Progetto si propone di realizzare forme d’arte partecipativa e inclusiva. A quali finalità e a quali bisogni risponde l’idea di portare uno spettacolo sulla terza età all’interno di una residenza per anziani?

“Il nostro lavoro è nato da un’esigenza interna alla compagnia di raccontare una storia”, ci raccontano gli attori Mila Vanzini e Mele Ferrarini. “Possiamo dire che forse questo è il principale motore del teatro, dunque siamo partiti da lì, da un desiderio artistico che entrambi condividevamo e via via ci siamo resi conto che il nostro spettacolo poteva far parte di quei contributi alla riflessione collettiva, già in atto in tanti contesti differenti, a proposito dell’invecchiamento della società e dei positivi risvolti di un – non scontato – dialogo intergenerazionale”.

“Sono argomenti che a volte vogliamo rimuovere, ma che ci fanno riflettere almeno su un paio di fattori-chiave dell’esistere, in quanto esseri umani: la nostra caducità e la voglia di vivere. Ci siamo accorti che non sono tante le voci che provengono da questi ecosistemi che sono le residenze per anziani; abbiamo quindi scandagliato un poco questo mondo per estrarne delle storie che successivamente abbiamo composto in una storia più grande, ossia la drammaturgia originale di uno spettacolo di teatro che abbiamo chiamato Acapulco”.

“Secondo noi” proseguono gli attori “portare lo spettacolo in una RSA vuol dire proporre una riflessione artistica, che dunque attraversi attori e pubblico, ponendoci degli interrogativi e stimolandoci fisicamente, da un punto di vista emotivo. Col nostro spettacolo coinvolgiamo tutte le persone che sono coinvolte direttamente nel percorso e progetto di cura di una RSA: utenti, familiari, il personale che ogni giorno ci lavora, con particolare riguardo per gli/le operatori sociosanitari e gli/le ausiliari socioassistenziali”.

“Durante le repliche dello spettacolo – è una cosa che è successa anche lo scorso luglio a San Benedetto del Tronto - Acapulco riesce nell’intento di portare il pubblico a riconoscersi, a sorridere delle proprie difficoltà e speriamo aiuti anche a porre in evidenza alcune grandi domande della vita. Il nostro racconto evoca la poesia delle piccole cose, un concentrato di vita che spesso si trova in tante comunità”.

“L’eroina del nostro spettacolo è Nilla, un’anziana signora che pur vivendo dentro una “casa di riposo”, non ha voglia di riposare per niente! È viva e attiva, non si rassegna mai. È forte e determinata, attenta e coltiva uno spirito critico e ironico. Il percorso della nostra protagonista è quello di una persona che ha una “certa” età, e che si trova a confrontarsi con le persone che la circondano, ma al contempo è un viaggio di una mente, di una coscienza. Come in un sogno assistiamo a una vicenda, a una narrazione, a una storia, alcune cose sembrano realistiche, altre hanno dei confini più incerti. Attraverso questo confine, che è quello del teatro e del sogno, si crea una relazione fra le persone presenti, che assistono allo spettacolo”.

“È il senso profondo del ritrovarsi, dal vivo. Questo è un obiettivo cruciale in tutti i contesti in cui portiamo il nostro lavoro: nelle RSA, nelle scuole, nelle università, a teatro”.

Acapulco è uno spettacolo che porta in scena la condizione che vivono molti anziani nella nostra società: come è cambiata la vostra prospettiva sulla Terza Età, dopo aver approfondito questa tematica?

“Il nostro spettacolo racconta la storia di Nilla, che desidera andare proprio ad Acapulco, nonostante viva in una casa di riposo. È una donna che desidera, che vive intensamente e coerentemente con gli anni che ha. Non ci piace dire “nonostante la sua età”. Come attori-autori, siamo partiti dalla riflessione che abbiamo fatto raccontandoci l’uno all’altra le vite dei nostri nonni e soprattutto delle nostre nonne. Abbiamo poi svolto alcune interviste nelle residenze per anziani e inoltre una delle nostre nonne aveva vissuto gli ultimi anni della propria vita proprio in una RSA e quindi avevamo toccato con mano alcuni spunti che poi si ritrovano nello spettacolo. Dalle nostre vicende personali e familiari abbiamo improvvisato, creato altre scene e infine scritto un testo”.

Ci siamo confrontati col dolore, con la solitudine che può caratterizzare questi luoghi e questo tempo della vita, ma anche con una sorprendente energia, riscoprendo i caratteri forti delle nostre nonne, i loro desideri, anche quelli inespressi. Forse dire che adesso guardiamo il mondo degli anziani da un’altra prospettiva, sarebbe un po’ esagerato: sapevamo già prima ancora di metterci a lavorare che c’era un mondo veramente interessante da scoprire in questo senso e proprio per questo abbiamo iniziato la nostra ricerca. Però abbiamo scoperto un fatto molto importante: col passare degli anni tutti noi continuiamo a sognare e desiderare e se facciamo parte di una comunità attenta e in ascolto possiamo guardare al futuro con una certa dose di speranza”.

“Vogliamo inoltre condividere una cosa essenziale su cui entrambi abbiamo riflettuto lavorando allo spettacolo: dai nostri nonni e soprattutto dalle nostre nonne abbiamo ricevuto in passato un calore e un affetto che ci hanno guidati nel nostro lavoro. Le persone anziane, dentro e fuori dalle RSA in cui veniamo ospitati nella tournée di Acapulco, ci insegnano ogni giorno un’estrema necessità di rapporti vivi e sinceri fra le persone e di un tempo tranquillo, che è indispensabile anche per una ricerca artistica come la nostra. Noi attori siamo adulti che ancora giocano con la fantasia, e continuiamo a guardare al futuro e a sognare, come Nilla, la nostra protagonista. Speriamo che la comunità dei sognatori cresca sempre di più!”


Dementia Friendly Communities: includere per abbattere lo stigma sociale sulla demenza


L’invecchiamento progressivo della popolazione mondiale impone una riflessione sempre più urgente sui bisogni delle persone anziane e sulle risposte che la società di oggi può offrire. Su quali pratiche e con quali obiettivi si focalizza oggi l’intervento socio-psicologico a sostegno della terza età? Come si inserisce il teatro in questo contesto?

“Invecchiare bene sta diventando una questione urgente – afferma la Prof.ssa Francesca Morganti, dell’Università degli Studi di Bergamo. L’aspettativa di vita della persona oggi si aggira intorno ai 90 anni ed è evidente che diventa necessario offrire alla popolazione over 65 (quella che statisticamente viene definita anziana) una quotidianità soddisfacente e delle sfide ambientali adeguate a questa età della vita. Purtroppo, però questa necessità viene a scontrarsi con una cultura dilagante secondo cui nulla si deve/può fare per le persone anziane se non garantire loro servizi di assistenza e luoghi iperprotetti dove concludere il percorso di vita in tranquillità. E’ molto difficile far comprendere al vasto pubblico che invecchiare vuol dire altro: continuare a sviluppare il proprio Sé attraverso una continua messa in gioco delle capacità/passioni/aspirazioni in situazioni di volta in volta adeguate al proprio essere. I professionisti della salute e della cura alla persona anziana (es. geriatri, istituti di ricovero, assistenza domiciliare, ec.) negli ultimi anni per fortuna stanno pian piano affiancando ai servizi alla persona quelli che vengono definiti interventi di empowerment (una sorta di responsabilizzazione) dell’invecchiamento”.

“Ovvero degli approcci psico-pedagogici all’invecchiare che vanno a valorizzare la persona e a consentire a quest’ultima di autodeterminarsi, potendo da voce alle proprie aspirazioni. Acapulco parla proprio di questo: di una modalità attraverso la quale una persona pur “costretta” in una vita in RSA non consente alla sua curiosità, alla sua capacità relazionale, alle sue passioni di farsi da parte. Ma giorno dopo giorno trova proprio attraverso questa autodeterminazione la possibilità di creare un terreno fertile per far crescere le sue aspirazioni anche nel periodo finale della sua vita. Il teatro lo mette in scena, proponendo tutto questo in una chiave a volte ironica e spesso con un retrogusto amaro. Io trovo sia stato ancora più potente in questo caso averlo proposto ad un pubblico come quello della RSA che questa necessità di autodeterminarsi la vive ogni giorno”.

Gli anziani vivono spesso una condizione segnata da alcuni disagi di natura sociale o da patologie che ne compromettono la salute e l’autonomia. Quali sono i benefici che le pratiche comunitarie e i progetti di inclusione sociale possono esercitare su di loro, e in particolare per chi soffre di qualche forma di demenza?

“Lo stigma che circonda l’invecchiare e soprattutto le patologie che spesso accompagnano l’invecchiare, come la demenza, assume forme molteplici (es. “non sarà in grado di fare più niente da sola”, “non vale la pena tentare di coinvolgerla in nuove attività”, “è pericoloso continuare a lasciarla da sola”, ecc.)  ed è molto più diffuso di quanto si pensi. Quello che è importante sottolineare è che pensare così ha delle conseguenze importanti per le autonomie della persona. E soprattutto è molto pericoloso per l’andamento della patologia perché rinunciare alle autonomie consente alla persona di accelerare il suo decadimento”.

“Quindi, eliminare lo stigma è una delle necessità prioritarie che oggi abbiamo. Nel mondo si stanno sviluppando quelle che si definiscono delle Dementia Friendly Communities, comunità inclusive nei confronti delle persone con demenza. Vuol dire in sostanza che queste comunità urbane (costituite da semplici cittadini, professionisti di ogni settore, fornitori di servizi, ecc.) si impegnano a consentire alle persone con demenza di svolgere ogni attività da essi desiderata. Naturalmente per fare ciò è necessario che si possano mettere in atto delle eventuali compensazioni per la persona con demenza (ed es. semplificando le pratiche lavorative, esplicitano meglio loro alcune informazioni, ecc.). In questo modo abbiamo da una parte eliminato l’idea che non sia permesso/necessario alle persone con demenza di aspirare alla propria autodeterminazione, dall’altro abbiamo permesso loro di responsabilizzarsi rispetto al percorso di invecchiamento. Dove le Dementia Friendly Communities sono attive vediamo spesso che la patologia ha un decorso più lento e nella maggior parte dei casi si permette alla persona di raggiungere una migliore qualità di vita”, conclude Francesca Morganti.

Rimettere al centro la comunità: l’esperienza della RSA San Giuseppe Anni Azzurri Kos


Come si inserisce lo spettacolo Acapulco nel più vasto contesto del progetto Community Building promosso dalla RSA San Giuseppe Anni Azzurri?

“Il progetto Community Building, promosso dalla RSA San Giuseppe Anni Azzurri Kos  con tutte le associazioni partners del territorio ( Ricomincio da Me, La musica che cura, Iris insieme a te, Le Ali della Vita, Anteas, La Casa di Asterione, La Clessidra,  Avulss, Università di tutte le età e del tempo libero, La Castelletta,  Acli, AnLa, le Paiarole) in compartecipazione con il comune di San Benedetto del Tronto, l’ Ambito Territoriale Sociale 21, l’ Area Vasta Asur 5 ed il distretto turistico culturale Il Piceno, nasce dalla necessità di rimettere al centro una comunità attiva in ambito sociale, all’ interno della quale attori di diversi settori collaborano tra loro nella realizzazione di percorsi di cura, di benessere, di cooperazione, integrazione e cultura collettiva rivolti all’ essere umano con particolare riguardo per gli anziani non autosufficienti e le persone affette da Alzheimer e  Parkinson”, ci spiega la Direttrice della struttura Francesca Rossi. “In questo contesto trova il suo spazio lo spettacolo Acapulco, poiché proprio attraverso la forma espressiva del Teatro una comunità si ritrova a riflettere, a focalizzare l’attenzione su temi salienti che entrano direttamente o indirettamente nella vita di ciascuno. Un momento di condivisione diverso rispetto ai percorsi conosciuti all’ interno di quelli strettamente sanitari o sociosanitari nei quali far veicolare concetti nuovi o rinsaldare i vecchi”. 

Come è stato accolto lo spettacolo da parte degli ospiti, in particolare di fronte alla rappresentazione della propria condizione sulla scena?

 “La rappresentazione Acapulco – conclude Francesca Rossi – ha suscitato grande emozione e commozione, una grande adesione da parte degli ospiti con cognitivo integro, ma soprattutto anche negli ospiti compromessi cognitivamente abbiamo registrato uno scuotimento d’ animo con esternazioni visibili. Familiari e caregiver si sono sentiti sollevati nel trovare un piano di dialogo diverso con i propri cari all’ interno della struttura che ha fatto venir meno le pareti del confine tra la normalità e la diversità, complice anche il nostro immenso parco dove si è realizzata la rappresentazione teatrale.  La conferma di essere sul giusto sentiero proviene dalla richiesta dei nostri ospiti di avere sempre più il ‘teatro a casa’.”


Fin dai tempi più antichi il teatro costituisce uno dei mezzi più potenti per rappresentare le multiformi passioni che caratterizzano la condizione umana. Forma d’arte inclusiva per eccellenza, lo spettacolo dal vivo può dare corpo alle emozioni più intense ed è spesso in grado di far scaturire importanti riflessioni sui temi cruciali della società contemporanea

La percezione dell’invecchiamento, la denuncia dello stigma sociale di fronte al declino psicofisico e, in particolare modo, la piena valorizzazione dei desideri che le persone anziane continuano a coltivare nonostante l’avanzare degli anni sono solo alcuni dei temi portati sotto i riflettori nello spettacolo teatrale ‘Acapulco’, scritto e diretto da Mila Vanzini e Mele Ferrarini, attori della compagnia teatrale Artisti a Progetto e messo in scena lo scorso 23 luglio, dopo oltre 20 repliche, presso la Residenza Anni Azzurri San Giuseppe di San Benedetto del Tronto, grazie al supporto della Prof.ssa Francesca Morganti del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università degli Studi di Bergamo.

La storia rappresentata di fronte al pubblico di ospiti della RSA San Giuseppe racconta la vicenda di Nilla, una donna anziana inserita suo malgrado in una casa di riposo, che coltiva nel suo cuore il desiderio di realizzare il viaggio dei suoi sogni ad Acapulco prima che sia troppo tardi. Una storia che, sul confine tra l’amarezza e l’ironia, ha dato forma tangibile sulla scena a molte delle emozioni che albergano nell’anima degli anziani ospiti della struttura. 

Abbiamo avuto il piacere di incontrare il team di lavoro che ha curato la realizzazione di questo importante progetto, e che ci ha dato la possibilità di approfondire, nell’intervista che segue, la genesi artistica dello spettacolo e il contributo socioculturale che iniziative come questa possono apportare al dibattito sul progressivo invecchiamento della popolazione del nostro Paese, in particolar modo sull’opportunità che gli anziani possano conservare spazi di autodeterminazione anche quando si trovano ad affrontare patologie che comportano declino cognitivo nelle sue varie manifestazioni.

Acapulco: le persone anziane hanno ancora voglia di sognare


L’associazione Artisti a Progetto si propone di realizzare forme d’arte partecipativa e inclusiva. A quali finalità e a quali bisogni risponde l’idea di portare uno spettacolo sulla terza età all’interno di una residenza per anziani?

“Il nostro lavoro è nato da un’esigenza interna alla compagnia di raccontare una storia”, ci raccontano gli attori Mila Vanzini e Mele Ferrarini. “Possiamo dire che forse questo è il principale motore del teatro, dunque siamo partiti da lì, da un desiderio artistico che entrambi condividevamo e via via ci siamo resi conto che il nostro spettacolo poteva far parte di quei contributi alla riflessione collettiva, già in atto in tanti contesti differenti, a proposito dell’invecchiamento della società e dei positivi risvolti di un – non scontato – dialogo intergenerazionale”.

“Sono argomenti che a volte vogliamo rimuovere, ma che ci fanno riflettere almeno su un paio di fattori-chiave dell’esistere, in quanto esseri umani: la nostra caducità e la voglia di vivere. Ci siamo accorti che non sono tante le voci che provengono da questi ecosistemi che sono le residenze per anziani; abbiamo quindi scandagliato un poco questo mondo per estrarne delle storie che successivamente abbiamo composto in una storia più grande, ossia la drammaturgia originale di uno spettacolo di teatro che abbiamo chiamato Acapulco”.

“Secondo noi” proseguono gli attori “portare lo spettacolo in una RSA vuol dire proporre una riflessione artistica, che dunque attraversi attori e pubblico, ponendoci degli interrogativi e stimolandoci fisicamente, da un punto di vista emotivo. Col nostro spettacolo coinvolgiamo tutte le persone che sono coinvolte direttamente nel percorso e progetto di cura di una RSA: utenti, familiari, il personale che ogni giorno ci lavora, con particolare riguardo per gli/le operatori sociosanitari e gli/le ausiliari socioassistenziali”.

“Durante le repliche dello spettacolo – è una cosa che è successa anche lo scorso luglio a San Benedetto del Tronto - Acapulco riesce nell’intento di portare il pubblico a riconoscersi, a sorridere delle proprie difficoltà e speriamo aiuti anche a porre in evidenza alcune grandi domande della vita. Il nostro racconto evoca la poesia delle piccole cose, un concentrato di vita che spesso si trova in tante comunità”.

“L’eroina del nostro spettacolo è Nilla, un’anziana signora che pur vivendo dentro una “casa di riposo”, non ha voglia di riposare per niente! È viva e attiva, non si rassegna mai. È forte e determinata, attenta e coltiva uno spirito critico e ironico. Il percorso della nostra protagonista è quello di una persona che ha una “certa” età, e che si trova a confrontarsi con le persone che la circondano, ma al contempo è un viaggio di una mente, di una coscienza. Come in un sogno assistiamo a una vicenda, a una narrazione, a una storia, alcune cose sembrano realistiche, altre hanno dei confini più incerti. Attraverso questo confine, che è quello del teatro e del sogno, si crea una relazione fra le persone presenti, che assistono allo spettacolo”.

“È il senso profondo del ritrovarsi, dal vivo. Questo è un obiettivo cruciale in tutti i contesti in cui portiamo il nostro lavoro: nelle RSA, nelle scuole, nelle università, a teatro”.

Acapulco è uno spettacolo che porta in scena la condizione che vivono molti anziani nella nostra società: come è cambiata la vostra prospettiva sulla Terza Età, dopo aver approfondito questa tematica?

“Il nostro spettacolo racconta la storia di Nilla, che desidera andare proprio ad Acapulco, nonostante viva in una casa di riposo. È una donna che desidera, che vive intensamente e coerentemente con gli anni che ha. Non ci piace dire “nonostante la sua età”. Come attori-autori, siamo partiti dalla riflessione che abbiamo fatto raccontandoci l’uno all’altra le vite dei nostri nonni e soprattutto delle nostre nonne. Abbiamo poi svolto alcune interviste nelle residenze per anziani e inoltre una delle nostre nonne aveva vissuto gli ultimi anni della propria vita proprio in una RSA e quindi avevamo toccato con mano alcuni spunti che poi si ritrovano nello spettacolo. Dalle nostre vicende personali e familiari abbiamo improvvisato, creato altre scene e infine scritto un testo”.

Ci siamo confrontati col dolore, con la solitudine che può caratterizzare questi luoghi e questo tempo della vita, ma anche con una sorprendente energia, riscoprendo i caratteri forti delle nostre nonne, i loro desideri, anche quelli inespressi. Forse dire che adesso guardiamo il mondo degli anziani da un’altra prospettiva, sarebbe un po’ esagerato: sapevamo già prima ancora di metterci a lavorare che c’era un mondo veramente interessante da scoprire in questo senso e proprio per questo abbiamo iniziato la nostra ricerca. Però abbiamo scoperto un fatto molto importante: col passare degli anni tutti noi continuiamo a sognare e desiderare e se facciamo parte di una comunità attenta e in ascolto possiamo guardare al futuro con una certa dose di speranza”.

“Vogliamo inoltre condividere una cosa essenziale su cui entrambi abbiamo riflettuto lavorando allo spettacolo: dai nostri nonni e soprattutto dalle nostre nonne abbiamo ricevuto in passato un calore e un affetto che ci hanno guidati nel nostro lavoro. Le persone anziane, dentro e fuori dalle RSA in cui veniamo ospitati nella tournée di Acapulco, ci insegnano ogni giorno un’estrema necessità di rapporti vivi e sinceri fra le persone e di un tempo tranquillo, che è indispensabile anche per una ricerca artistica come la nostra. Noi attori siamo adulti che ancora giocano con la fantasia, e continuiamo a guardare al futuro e a sognare, come Nilla, la nostra protagonista. Speriamo che la comunità dei sognatori cresca sempre di più!”


Dementia Friendly Communities: includere per abbattere lo stigma sociale sulla demenza


L’invecchiamento progressivo della popolazione mondiale impone una riflessione sempre più urgente sui bisogni delle persone anziane e sulle risposte che la società di oggi può offrire. Su quali pratiche e con quali obiettivi si focalizza oggi l’intervento socio-psicologico a sostegno della terza età? Come si inserisce il teatro in questo contesto?

“Invecchiare bene sta diventando una questione urgente – afferma la Prof.ssa Francesca Morganti, dell’Università degli Studi di Bergamo. L’aspettativa di vita della persona oggi si aggira intorno ai 90 anni ed è evidente che diventa necessario offrire alla popolazione over 65 (quella che statisticamente viene definita anziana) una quotidianità soddisfacente e delle sfide ambientali adeguate a questa età della vita. Purtroppo, però questa necessità viene a scontrarsi con una cultura dilagante secondo cui nulla si deve/può fare per le persone anziane se non garantire loro servizi di assistenza e luoghi iperprotetti dove concludere il percorso di vita in tranquillità. E’ molto difficile far comprendere al vasto pubblico che invecchiare vuol dire altro: continuare a sviluppare il proprio Sé attraverso una continua messa in gioco delle capacità/passioni/aspirazioni in situazioni di volta in volta adeguate al proprio essere. I professionisti della salute e della cura alla persona anziana (es. geriatri, istituti di ricovero, assistenza domiciliare, ec.) negli ultimi anni per fortuna stanno pian piano affiancando ai servizi alla persona quelli che vengono definiti interventi di empowerment (una sorta di responsabilizzazione) dell’invecchiamento”.

“Ovvero degli approcci psico-pedagogici all’invecchiare che vanno a valorizzare la persona e a consentire a quest’ultima di autodeterminarsi, potendo da voce alle proprie aspirazioni. Acapulco parla proprio di questo: di una modalità attraverso la quale una persona pur “costretta” in una vita in RSA non consente alla sua curiosità, alla sua capacità relazionale, alle sue passioni di farsi da parte. Ma giorno dopo giorno trova proprio attraverso questa autodeterminazione la possibilità di creare un terreno fertile per far crescere le sue aspirazioni anche nel periodo finale della sua vita. Il teatro lo mette in scena, proponendo tutto questo in una chiave a volte ironica e spesso con un retrogusto amaro. Io trovo sia stato ancora più potente in questo caso averlo proposto ad un pubblico come quello della RSA che questa necessità di autodeterminarsi la vive ogni giorno”.

Gli anziani vivono spesso una condizione segnata da alcuni disagi di natura sociale o da patologie che ne compromettono la salute e l’autonomia. Quali sono i benefici che le pratiche comunitarie e i progetti di inclusione sociale possono esercitare su di loro, e in particolare per chi soffre di qualche forma di demenza?

“Lo stigma che circonda l’invecchiare e soprattutto le patologie che spesso accompagnano l’invecchiare, come la demenza, assume forme molteplici (es. “non sarà in grado di fare più niente da sola”, “non vale la pena tentare di coinvolgerla in nuove attività”, “è pericoloso continuare a lasciarla da sola”, ecc.)  ed è molto più diffuso di quanto si pensi. Quello che è importante sottolineare è che pensare così ha delle conseguenze importanti per le autonomie della persona. E soprattutto è molto pericoloso per l’andamento della patologia perché rinunciare alle autonomie consente alla persona di accelerare il suo decadimento”.

“Quindi, eliminare lo stigma è una delle necessità prioritarie che oggi abbiamo. Nel mondo si stanno sviluppando quelle che si definiscono delle Dementia Friendly Communities, comunità inclusive nei confronti delle persone con demenza. Vuol dire in sostanza che queste comunità urbane (costituite da semplici cittadini, professionisti di ogni settore, fornitori di servizi, ecc.) si impegnano a consentire alle persone con demenza di svolgere ogni attività da essi desiderata. Naturalmente per fare ciò è necessario che si possano mettere in atto delle eventuali compensazioni per la persona con demenza (ed es. semplificando le pratiche lavorative, esplicitano meglio loro alcune informazioni, ecc.). In questo modo abbiamo da una parte eliminato l’idea che non sia permesso/necessario alle persone con demenza di aspirare alla propria autodeterminazione, dall’altro abbiamo permesso loro di responsabilizzarsi rispetto al percorso di invecchiamento. Dove le Dementia Friendly Communities sono attive vediamo spesso che la patologia ha un decorso più lento e nella maggior parte dei casi si permette alla persona di raggiungere una migliore qualità di vita”, conclude Francesca Morganti.

Rimettere al centro la comunità: l’esperienza della RSA San Giuseppe Anni Azzurri Kos


Come si inserisce lo spettacolo Acapulco nel più vasto contesto del progetto Community Building promosso dalla RSA San Giuseppe Anni Azzurri?

“Il progetto Community Building, promosso dalla RSA San Giuseppe Anni Azzurri Kos  con tutte le associazioni partners del territorio ( Ricomincio da Me, La musica che cura, Iris insieme a te, Le Ali della Vita, Anteas, La Casa di Asterione, La Clessidra,  Avulss, Università di tutte le età e del tempo libero, La Castelletta,  Acli, AnLa, le Paiarole) in compartecipazione con il comune di San Benedetto del Tronto, l’ Ambito Territoriale Sociale 21, l’ Area Vasta Asur 5 ed il distretto turistico culturale Il Piceno, nasce dalla necessità di rimettere al centro una comunità attiva in ambito sociale, all’ interno della quale attori di diversi settori collaborano tra loro nella realizzazione di percorsi di cura, di benessere, di cooperazione, integrazione e cultura collettiva rivolti all’ essere umano con particolare riguardo per gli anziani non autosufficienti e le persone affette da Alzheimer e  Parkinson”, ci spiega la Direttrice della struttura Francesca Rossi. “In questo contesto trova il suo spazio lo spettacolo Acapulco, poiché proprio attraverso la forma espressiva del Teatro una comunità si ritrova a riflettere, a focalizzare l’attenzione su temi salienti che entrano direttamente o indirettamente nella vita di ciascuno. Un momento di condivisione diverso rispetto ai percorsi conosciuti all’ interno di quelli strettamente sanitari o sociosanitari nei quali far veicolare concetti nuovi o rinsaldare i vecchi”. 

Come è stato accolto lo spettacolo da parte degli ospiti, in particolare di fronte alla rappresentazione della propria condizione sulla scena?

 “La rappresentazione Acapulco – conclude Francesca Rossi – ha suscitato grande emozione e commozione, una grande adesione da parte degli ospiti con cognitivo integro, ma soprattutto anche negli ospiti compromessi cognitivamente abbiamo registrato uno scuotimento d’ animo con esternazioni visibili. Familiari e caregiver si sono sentiti sollevati nel trovare un piano di dialogo diverso con i propri cari all’ interno della struttura che ha fatto venir meno le pareti del confine tra la normalità e la diversità, complice anche il nostro immenso parco dove si è realizzata la rappresentazione teatrale.  La conferma di essere sul giusto sentiero proviene dalla richiesta dei nostri ospiti di avere sempre più il ‘teatro a casa’.”